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La versione online del giornale del Campus Universitario di Savona



A volte ritornano...

Dopo alcuni mesi di inattività dovuta a qualche problema tecnico e qualcun'altro più spinoso di genere burocratico, eccoci tornati ad animare la vita al Campus con i nostri frizzanti articoli!

Attualità, eventi, cronaca, politica e poesia torneranno sotto ai vostri banchi per aiutarvi a passare indenni interminabili ore noiosissime di lezione!

VVR è il giornale di chi, come voi, vive con passione l'esperienza universitaria al Campus.

Seguiteci... Non ne rimarrete delusi!

Simone Trimarchi

martedì 18 dicembre 2007

Welcome Day



Il Welcome Day è il risultato di un'esperienza che ha permesso a cinque laureande di mettere in pratica le nozioni acquisite durante le lezioni di “Organizzazione del lavoro e Comunicazione aziendale” tenute dal Professor Marinoni, grande esperto del settore. L'idea di questo evento è nata dal docente stesso per poi essere messa in pratica da Francesca Cosentino, Laura Gualandri, Enza Emira Pandolfini, Sofia Melella, Francesca Marzullo, prossime laureate, coadiuvate,oltre che dal Prof.Marinoni,anche dalla Dott.ssa Milano e dalla Dott.ssa Dagnino (quali rappresentanti della SPES), nonché dalla Prof.ssa Molinari. L'esperienza non è servita solo alle laureande,ma anche a tutti gli studenti del primo anno di Scienze della Comunicazione che hanno avuto un'occasione per saperne di più sulle materie del corso da loro scelto, l'utilizzo di questo nel futuro e gli sbocchi professionali possibili.
Il Welcome Day si è svolto il 5 novembre,ma già nei giorni precedenti erano stati affissi volantini e distribuiti inviti che hanno attirato l'attenzione determinando una notevole partecipazione degli studenti che si sono dimostrati interessati e attenti.
Le diverse critiche,che sono state mosse nei confronti del lavoro compiuto, non hanno minimamente compromesso il successo dell'evento, il primo in assoluto per le ragazze.
“E' stato innanzitutto un successo personale, abbiamo creduto tanto in questo progetto e ci siamo impegnate altrettanto per una buona riuscita e soprattutto per imparare qualcosa e così è stato e siamo andate avanti” hanno dichiarato le ragazze che vedono il loro futuro nell'ambito della comunicazione aziendale e quindi nelle pubbliche relazioni. Hanno potuto vivere le difficoltà che comporta l'organizzazione di un tale evento: dal riuscire a gestire i rapporti con tutte le persone coinvolte, a stabilire l'obiettivo, il messaggio, il target, il budget, l'agenda, i relatori, gli strumenti di comunicazione, fino alla definizione degli aspetti logistici e alla cura della parte grafica. Nonostante le difficoltà che possono esserci state la riuscita è totalmente positiva e c'è da augurarsi che le nuove matricole possano ispirarsi a coloro che hanno organizzato questo evento per fare un'esperienza simile che sicuramente rende l'idea di cosa significhi veramente occuparsi di comunicazione e pubbliche relazioni.
Sonia Bosio e Alice Corsi

domenica 18 novembre 2007

La famiglia dell'antiquario

Il Teatro della Corte,dal 13 al 25 novembre, ospita "La famiglia dell'antiquario" di Carlo Goldoni.
Lo spettacolo è nato dalla collaborazione dei Teatri Stabili di Genova e del Veneto e porta in scena attori di grande talento come Eros Pagni,Virgilio Zernitz,Anita Bertolucci e Gaia Aprea. La regia è di Lluis Pasqual,direttore del Theatre de l'Odéon a Parigi per sei anni,direttore della Biennale di Teatro di Venezia,insignito della Legion d'honneur. E' grazie a lui che la commedia ha risvolti contemporanei,nonostante siano passati 300 anni dalla nascita dell'autore. Ogni scena è ambientata in un'epoca differente, partendo dal 1700 fino ad arrivare ai giorni nostri.
L'adattamento cronologico è riuscito molto bene grazie a pochi ma determinanti particolari: le sedie che si evolvono dal legno rivestito di damasco al plexigas,la musica,gli abiti,la luce elettrica e lo squillo dei primi telefoni fino ad arrivare al cellulare. L'intera vicenda si svolge nella casa del Conte Anselmo Terrazzani dove,oltre a lui,si alternano altri personaggi: la Contessa Isabella (sua moglie), il Conte (suo figlio),Doralice (sua nuora), Pantalone (padre di Doralice e ricco mercante), Colombina (cameriera della contessa), Il Cavaliere del Bosco e il Dottor Anselmi (i confidenti della contessa e Doralice), e Brighella (servitore del Conte).
I temi ancora attuali vengono trattati con una sottile ironia e sono:
-la discordia fra le due donne di casa: agli occhi della contessa Isabella,Doralice non è all'altezza del figlio,ma quando mai la suocera è soddisfatta della nuora?
-i due "consiglieri" fanno qualunque cosa pur di accontentare la propria confidente,anche dichiarare l'opposto di ciò che realmente pensano.
-il fatto che le donne falsifichino la propria età. Evidentemente è una caratteristica genetica femminile che si è conservata nei secoli. Lo stesso Conte Giacinto dice alla madre: "Avete 23 anni e scommetto che fra dieci anni ne avrete ancora 24."
Le singole caratteristiche di ogni personaggio permettono di provare simpatie o antipatie fin da subito per poi accorgersi,alla fine dello spettacolo, che il proprio giudizio era sbagliato.
Straordinaria performance degli attori, primo fra tutti Eros Pagni (nel ruolo di Pantalone), la cui interpretazione ha scatenato applausi già dalla prima scena,per poi finire con un'ovazione finale,dovuto tributo al talento dell'intera compagnia.

martedì 13 novembre 2007

Enzo Biagi (secondo articolo)

Quando qualcuno muore tutti si affrettano ad esprimere parole d’affetto, ammirazione e cordoglio per il defunto, a volte in modo sincero, altre volte in maniera completamente ipocrita.
Così è successo anche alla morte di uno dei più grandi giornalisti italiani dal dopoguerra in poi, Enzo Biagi, avvenuta a Milano martedì 6 Novembre 2007. Infatti molte personalità della carta stampata, il direttore de “Il sole 24 ore” Feruccio De Bortoli, si sono recate all’ospedale dove è deceduto il famoso cronista a pronunciare frasi di stima e dolore per Biagi. Naturalmente non sono mancate frasi di ammirazione dalle tre più alte cariche dello Stato e dei leader del centrosinistra e del centro destra, corrispettivamente Romano Prodi e Silvio Berlusconi. Tra questi ultimi è scoppiata l’ennesima polemica, in quanto il primo ha rimproverato il secondo di essere il responsabile della scacciata di Biagi dalla Rai e il secondo ha negato tutto.
Le negazioni e le parole di stima del leader della Cdl sono false, non che ipocrite, infatti tutti ci ricordiamo le sue affermazioni negative fatte nel 2002 su Biagi, Santoro e Lutazzi, non a caso tutti scacciati quasi immediatamente dopo le parole pronunciate dall’allora presidente del Consiglio.
A parte questo, però, le polemiche non andavano fatte proprio in quella giornata, in cui forse era meglio che chi provava veramente stima e affetto per il giornalista esprimesse codesti sentimenti e chi no, invece, tacesse.
Certo è che l’ennesimo scontro tra maggioranza e opposizione è specchio di un’altissima, e francamente insopportabile, tensione fra i due schieramenti, una tensione determinata non tanto dalle differenze sui contenuti, ma più che altro dal desiderio di occupare le poltrone di governo, un fine che sembra sempre di più fine a se stesso (poi ci si chiede il perché della crisi della politica).
Se fosse stato ancora vivo, Enzo Biagi avrebbe probabilmente commentato questo clima politico in modo moderato, ma ironico e graffiante, , come solo lui sapeva fare. Egli, infatti, non si sottoponeva mai ai voleri del potente di turno, anzi, ha sempre avuto il coraggio di esprimere le proprie opinioni con coerenza, molte volte pagandone il prezzo.
Il suo modo di fare giornalismo è stato un esempio per tutti coloro che vogliono intraprendere codesto mestiere.
Purtroppo noi giovani non abbiamo avuto molte occasioni di apprezzare il grande giornalista, tutt'altro, più precisamente solo quattro: gli ultimi anni della trasmissione “Il fatto” (ma forse eravamo ancora un po’ troppo piccoli per interessarci a questo tipo di programmi), alcune ospitate nel programma di Fabio Fazio “Che tempo che fa”, l’ultima trasmissione di Biagi “Rotocalco televisivo” (andata in onda proprio questa primavera) e, forse, leggendo qualche suo articolo scritto sul “Corriere della sera”. Per il resto lo conosciamo solo di fama e, purtroppo, per il già citato “editto bulgaro” compiuto nel 2002.
Ora, dopo aver commiserato il grande cronista, è un dovere per tutti riflettere sui danni provocati sulla sua persona, non solo quelli più recenti, ma anche quelli passati (ad esempio quello del 1963, quando in seguito ad una polemica si dovette dimettere da direttore del Tg1), ma non per provocare bisticci di parte, ma piuttosto per riflettere sull’attuale situazione del giornalismo italiano e sulla libertà di parole, per fare in modo che gli errori commessi in passato non si ripetano più su nessuno.
Credo, ad esempio, che la trasmissione di Santoro “Anno zero” andata in onda giovedì 8 Novembre dedicata proprio a Biagi, sia un punto di partenza per cominciare a fare ciò.
Inoltre, abbiamo tutti il dovere di ringraziare Biagi per la sua coerenza, per il suo desiderio di libertà e per il rispetto che aveva per ogni cittadino, dando così non solo un ottimo esempio di giornalismo, ma anche di umanità.

venerdì 9 novembre 2007

Enzo Biagi

La mattina di martedì 6 Novembre 2007 si è spento a Milano uno dei più grandi giornalisti italiani dal dopoguerra in poi: Enzo Biagi.
Durante quella giornata molti giornalisti, tra cui il direttore de “Il sole 24ore” Feruccio De Bortoli, sono andati all’ospedale a trovarlo per l’ultima volta, esprimendo frasi d'affetto e dolore. Anche alcune personalità politiche, compreso Berlusconi, hanno pronunciato parole di stima e cordoglio per il grande cronista scomparso. Purtroppo nemmeno quel martedì sono mancate le polemiche tra maggioranza e opposizione, specialmente tra i due leader, Romano Prodi e Silvio Berlusconi. Il primo, infatti, ha accusato il secondo di aver scacciato Biagi dalla televisione e l’altro ha negato di averlo fatto.
A parte il merito della questione (la dichiarazione del capo del centrodestra è alquanto scandalosa, oltre che terribilmente falsa), quel giorno fu l’ennesima dimostrazione che l’attuale situazione politica è alquanto amara e triste, sempre carica di tensione, una tensione che non si è spenta nemmeno in un giorno così doloroso, in cui forse era meglio tacere.
La polemica in se non è sbagliata, ma non andava fatta proprio in quella giornata, magari se ne poteva parlare qualche giorno dopo. In questo senso che la trasmissione di Michele Santoro, “Anno zero”, andata in onda Giovedì 8 Novembre dedicata a Biagi e all’editto bulgaro, è stata un buon esempio di servizio pubblico.
Purtroppo noi giovani non abbiamo avuto molte occasioni per vedere Biagi in televisione, se si esclude “Il fatto” (ma forse eravamo ancora troppo piccoli per poter interessarci a questo genere di programma), le ospitate a “Che tempo che fa” di Fabio Fazio e l’ultima trasmissione del giornalista, “Rotocalco televisivo”, andata in onda proprio nell’Aprile scorso.
Per il resto lo conosciamo solo di fama e, purtroppo, per il già citato editto bulgaro, ovvero la scacciata dalla Rai di Biagi, Santoro e Lutazzi avvenuta dopo le dichiarazioni critiche di Berlusconi.
Con Biagi se ne va un giornalismo molto vicino e rispettoso dei cittadini, che però riesce ad essere allo stesso tempo fortemente mordace e critico con i politici, molte volte pagandone il prezzo.
Enzo Biagi, con la sua coerenza e con il suo coraggio a non farsi sottomettere dal politico di turno, non ha dato solo una grande lezione di giornalismo che tutti coloro che vogliono intraprendere questo mestiere dovrebbero imparare, ma un bell’esempio di umanità, specialmente in quest'italietta, fatta di persone, specialmente quelle ai vertici alti, pronte a corrompere e a farsi corrompere per una poltrona o per del denaro.
Al giorno d’oggi, pur essendoci bravi giornalisti televisivi e non, praticamente nessuno è come lui, quindi si può dire che con Biagi se ne va un’intera generazione di cronisti italiani, ora rappresentati solo, o quasi, da Giorgio Bocca.
La vignetta di Vauro esposta nella già citata trasmissione di Santoro risulta amara, forse un po’ eccessiva, ma in fondo rispecchia abbastanza bene l’attuale situazione del giornalismo italiano, ecco la descrizione: alla domanda “Dove si trovano i più grandi giornalisti italiani?” la risposta è “Tutti al cimitero”, riferendosi a Indro Montanelli e a Enzo Biagi.

Ratatouille


RATATOUILLE

Regia: Brad Bird
Produzione: U.S.A.
Genere: Animazione

La Pixar è ormai considerata all'unanimità l'unica erede della Walt Disney, infatti, riesce sfornare praticamente ogni anno dei piccoli grandi capolavori del cinema d’animazione, tanto innovativi nei contenuti e nella tecnologia quanto tradizionali nello spirito dei vecchi film Disney. La loro ultima pellicola, “Ratatouille”, ne è l’ennesima dimostrazione.
Il protagonista dell’opera in questione è il topino Remy che,raffinato buongustaio,si rifiuta di cibarsi della spazzatura come fa la sua colonia. Per un incidente si ritrova a Parigi di fronte al ristorante del suo idolo: il cuoco Gusteau, da poco scomparso. Sarà il piccolo Remy, insieme all’umano Linguini, a riportare il ristorante alle stelle.
Il soggetto, originale e fondato su un paradosso, riesce ad affrontare temi importanti, come l’ambizione, il diverso, il rapporto padre/figlio, la discriminazione della donna nel mondo del lavoro, il compito del critico, la scoperta del nuovo, il mutamento nei rapporti di natura e l’importanza dell’immagine nella comunicazione.
L’argomento centrale è l’inseguimento dei propri desideri: Remy è un topo speciale, di cui si riesce a vedere l’umanità e la sua determinazione può insegnare davvero molto, quindi il messaggio che lascia è totalmente positivo: “insegui il tuo sogno”. Chi da bambino non ha mai desiderato di prendere una strada un po’ impervia e che ora ci pare totalmente assurda?Allora però non era così, si parlava di diventare scrittori, musicisti, astronauti o perché no, chef?
Remy ci dimostra che tutto questo è possibile, che con la volontà può succedere di tutto, anche che una colonia di topi (puliti e disinfettati a dovere) prenda possesso della cucina fino a preparare il piatto perfetto per il miglior critico culinario della Francia.
Un altro tema importante è quello del rapporto immagine/comunicazione, che il film affronta in maniera implicita, ma costante, basti pensare a due personaggi: il primo è l’antagonista, che sfrutta senza ritegno l’immagine di Gusteau per pubblicizzare e vendere con profitti maggiori prodotti surgelati di bassa qualità; il secondo è Remy, che, pur realizzando il suo sogno, sarà riconosciuto come un grande chef solo da una stretta gamma di persone, ma il grande pubblico ignorerà persino la sua esistenza, credendo che lo chef del nuovo ristorante sia un essere umano. Ciò accade perché nessuno, a parte qualcuno, potrà mai approvare un topo, o il diverso in generale, come il più grande cuoco di tutta Parigi.
Tutti questi temi sono accennati e non approfonditi, ma in fondo è giusto così, perché un cartone animato non deve fare analisi sociologiche, ma intrattenere con intelligenza gli spettatori, come fa appunto “Ratatouille”.
I difetti di quest’opera stanno in alcuni nomi un po’ banali (Gusteau) e in certi personaggi, come il cattivo che è come al solito arrogante, presuntuoso e antipatico.
Da notare il temuto critico culinario che passa da un colorito pallido e delle occhiaie
scure,nella prima parte del film, ad un colore rosato e un sorriso luminoso in concomitanza con il suo “diventare” buono.
Nonostante ciò la pellicola risulta divertente, effervescente e profonda. Il successo di critica e pubblico si capisce da tutto questo.
Alice Corsi e Yuri Saitta

giovedì 8 novembre 2007

La mia prima volta...

Tante sono le aspettative, le emozioni, i desideri e le paure che ognuno di noi prova quando inizia una nuova esperienza. Spesso veniamo delusi, altre volte invece ne siamo incantati, ma credo che fondamentalmente l'importante sia provarci, sperimentare sulla propria pelle queste esperienze, perchè, comunque andranno, ne potremmo solo uscire più forti, e, si spera, migliorati.
La prima volta al campus ne può essere un esempio : una miriade di emozioni in un unico attimo, sensazioni che si affollano l'una sull'altra... pensieri, tanti pensieri diversificati, di ogni genere, su qualunque cosa. Confusione. Tutto però deve ritornare all'ordine, si sta per affrontare un test importante, la mente deve essere lucida. Non si può sbagliare : il nostro futuro dipende da questo giorno.
Quasi un'intera mattinata è predisposta a questo evento, tantissimo tempo a pensarci, ma nel ricordo vi sono solo attimi, immagini e colori non sufficenti a creare un quadro completo di quella fatidica mattinata. Il tempo passa, e tutto svanisce. Il nostro futuro è stato deciso in quelle lunghissime ore sembrate così brevi. Non ci resta che aspettare ora di vedere il nostro nome stampato su un foglio, semplici caratteri appiccicati su un pezzo di carta, apparentemente senza senso, ma che, per quelle persone che erano lì, quella mattina interminabile, possono valere un futuro.

Sensazioni....

La vita ha il fantastico dono di riuscire a stravolgere le nostre abitudini, di cambiare completamente le carte in tavola, di precludere e aprire allo stesso tempo vie e possibilità che prima ci risultavano inimmaginabili. Trascorriamo la nostra vita in serenità, spensierati, affrontando i piccoli problemi di ogni giorno. Ad un tratto, improvvisamente, un'idea strana inizia a rimbombare nella nostra testa , una vocina che forse ci parlava fin dal liceo, ma che probabilmente avevamo soffocato a favore del proseguo tranquillo ed equilibrato della nostra esistenza : iscriversi all'università.
Perchè stravolgere tutto? Cambiare abitudini, come fare il pendolare quando alla fine il treno lo si prendeva solo la domenica da "pivelli" per andare al mare? Perchè buttarsi di nuovo a capofitto su tomi alti 10 cm? Perchè rinunciare al vecchio stipendio che ci permetteva di toglierci tante soddisfazioni? Certo, al liceo si era bravi studenti, poche difficoltà nello studio e un impegno costante... Perchè però ritornare nella mischia quando ormai ce ne consideravamo tagliati fuori? Tante sono le risposte possibili, le spiegazioni che cerchiamo di auto-imporci : nessuna probabilmente risulterà logicamente o razionalmente valida alla maggior parte delle persone che ci guardano dall'esterno.
Ma cosa importa? Anche se opponiamo resistenza, ormai dentro di noi conosciamo la nostra strada. Quella che alla fine abbiamo intrapreso, e che stiamo vivendo : facendo i pendolari, rinunciando allo stipendio e tornando a picchiarci, ebben sì, con i fantastici tomi da 10 cm.

giovedì 28 giugno 2007

Dico...o non Dico?!

Prima c’erano i PACS, ora i DICO. La proposta di legge dovrà attraversare un lungo iter parlamentare, difficile a causa della scarsa maggioranza di governo. Nell’ultimo mese Roma è stata centro di varie manifestazioni: dal Family Day all’orgoglio laico fino ad arrivare al Gay Pride. Tante cose sono state dette e tante ne dovremmo ancora sentire. Si dice che questa legge minaccerà la famiglia, credo che l’unica conseguenza sarà esclusivamente l’aumento di quest’ultime. Questa è solo una pura e semplice questione di diritti e di discriminazione. Dagli anni novanta sono pressanti e ripetuti gli inviti del Parlamento Europeo verso gli Stati membri a “pacificare coppie gay ed eterosessuali così come coppie conviventi e sposate”. Nel nuovo millennio non è cambiato ancora niente: infatti, anche in questo caso, l’Italia resta sempre il fanalino di coda dell’Europa. Forti pressioni sono state fatte dal Vaticano, ma bisognerebbe ricordare che c’è differenza tra potere spirituale e politico. La famiglia non è minacciata, è solo una richiesta del riconoscimento di diritti da parte di persone che convivono e si impegnano reciprocamente. Dovrebbe essere un fattore positivo dato l’alto numero di divorzi in Italia. La Chiesa ribadisce il suo NO a “forme deboli e deviate di amore”. Stiamo perdendo totalmente il senso e la forza delle parole. Proprio la chiesa è la prima a predicare “amore” e questo sentimento non può essere attaccato o messo in dubbio. Nessuno può dire a qualcun altro che il suo è un amore “deviato”. È solo e semplicemente amore. Assistiamo da mesi a un batti e ribatti dei nostri politici, del Governo che non ha il coraggio di attuare il piano per il quale è stato votato. In tutta Europa le coppie di fatto eterosessuali o gay vedono riconosciuti i loro diritti e doveri. Strano poi vedere tanti politici battersi per la famiglia, indignarsi davanti alle coppie gay e poi vedere che loro alle spalle di matrimoni ne hanno più di uno. La Chiesa non è contro il divorzio? Solleviamoci però, c’è qualcuno che può usufruire dei diritti per le coppie di fatto. Ebbene sì, i DICO o PACS o come li si vogliano chiamare esistono. Per chi? Esclusivamente per due categorie: giornalisti e parlamentari. Sono loro le eccezioni, seppur con qualche differenza. Per quanto riguarda i giornalisti, nella coppia di fatto il partner può usufruire della Cassa Mutua sanitaria in uso per la categoria professionale. I parlamentari hanno, ovviamente, qualche privilegio in più: oltre ad usufruire dello stesso diritto dei giornalisti, possono trasmettere la pensione di reversibilità al partner sopravvissuto e hanno anche il diritto all’adozione di minori. ne usufruì Palmiro Togliatti che adottò anche una bambina. Le domande che sorgono sono tante. Innanzitutto perché quest’eccezione non viene menzionata da nessuno? La risposta è semplice: forse sarebbe imbarazzante per molti parlamentari spiegare il motivo che li spinge a combattere con tanto ardore per negarci un diritto che loro hanno già.

Scienze della Persona


E’ tempo di scelte e bilanci per gli studenti. Scelte non sempre facili, bilanci dettati dall’emotività del momento o, qualche volta, affrettati e, vorrei aggiungere, scontati.
Comunque sia, è tempo di scelte e bilanci….
Per i fortunati che possono continuare gli studi o per quelli che si accingono a finirli, la facoltà alla quale si è iscritti sembra essere un punto fermo per il proprio futuro.
Un luogo dove i sogni e i desideri si mischiano con la realtà, creandone una nuova, più vera e possibilmente non solo virtuale…
Ma nell’entusiasmo degli inizi o delle fine di tale esperienza, non bisogna perdere di vista l’obiettivo finale: laurearsi nella difficile professione di essere persone, prima ancora che in una qualsiasi altra disciplina. Pensate: “dottori in Scienze della Persona”, magari con un bel 110 e lode…
Essere persone consapevoli è il nostro vero obiettivo, non ottenere un pezzo di carta!
Conquistare il nostro spazio interiore dovrebbe essere la nostra vera ambizione, senza sperare che la laurea o i docenti possano sostituirsi alle nostre responsabilità.
Troppo spesso, infatti, le aspettative superano i risultati. Così, si ricade nel facile luogo comune dell’inefficienza dell’università italiana, dell’inevitabile suo declino, della ormai cronica inadeguatezza dei programmi, dell’assoluto menefreghismo dei docenti, ecc…
Tutte facili scappatoie per un pensiero di comodo, che poco si addice alla coscienza critica che uno studente universitario dovrebbe possedere.
Certo, è vero che altrove i campus sono più belli, più attrezzati, più moderni. Ma non sottovalutiamo quello che ci è messo a disposizione da questo Campus, da questa Facoltà. Scienze della Comunicazione di Savona è una facoltà nuova sotto un duplice aspetto. Nuova perché in continua evoluzione: basti pensare che ogni anno cambiano i programmi, i laboratori, le iniziative. E nuova soprattutto per la mentalità delle persone che ne fanno parte: in primo luogo i docenti, molti dei quali ampiamente disponibili, oltre che competenti, il personale amministrativo e tutti coloro che in essa lavorano. Persone, che lavorano per noi, che continuano a studiare insieme a noi e che progettano il futuro di questa facoltà assieme a noi. Non è poco!
Non sarà il fascino dell’avanguardia, ma di certo è quello della complicità e della serietà.
Chissà se poi, noi studenti, in un fantascientifico esperimento, sapremmo fare molto di più? E se sì, perché, invece di passare il tempo in inutili e quanto mai improduttive polemiche, non proviamo a implementare il nostro sistema mentale per proporre idee, lanciare iniziative, aprire nuovi spazi? So che di idee e menti brillanti, in questo Campus, ce ne sono in quantità: sia da parte degli studenti che da parte dei docenti.
Basta un accenno che subito una chiacchierata in pausa mensa diventa un nuovo spunto per la lezione o magari persino un progetto…Ma ci vuole pure la volontà, la voglia di fare.
Perché, senza quella, di strada se ne fa davvero poca. Troppo comodo dare la colpa ai programmi, quando si cerca di evitare di studiare pure quelli minimi. Facile dire che il docente non ha saputo spiegare, quando si passano le già limitate ore di lezione a non ascoltare. Forse sarebbe utile capire se si vuole veramente imparare. Prima di avere fatto questa scelta, non si può pretendere di essere ascoltati, capiti, aiutati…
Credo che, più di ogni possibilità, quella della comunicazione, sia una scienza che ci fa crescere come individui, capaci di utilizzare delle competenze come trampolino di lancio verso nuove sinergie. L’università diviene, allora, un luogo dove veramente imparare, transitando per i prati del campus e colmando il nostro “sacco vuoto” di nuovi contenuti.
Un luogo dove si ricevono energie più che nozioni, dove soprattutto si diventa ricchi di quell’umana comprensione che ci rende ancora prima che laureati, Persone!

Anna Scavuzzo

giovedì 21 giugno 2007

Allarme bomba!

Un articolo pubblicato sul Secolo XIX, edizione di Savona, del 16 maggio 2007 riporta un fatto di cronaca avvenuto a Vado due giorni prima, durante la notte, che ha il sapore agrodolce di un misto tra sconcerto e ilarità.
Stando a quanto si legge, intorno alla mezzanotte di lunedì 14 un residente di uno stabile sito in via Verdi si è lamentato con un vicino per il volume dello stereo troppo alto, vista l'ora tarda.
Da qui sarebbe scaturita una lite, culminata con lanci di stoviglie dalla finestra da parte del vicino “appassionato di musica”, trinceratosi in casa a causa dell'imminente arrivo dei carabinieri.
Ma il bello deve ancora arrivare.
Pare infatti che tale vicino fosse conosciuto alle forze dell'ordine per detenzione di proiettili, dunque ritenuto potenzialmente pericoloso.
Per questo i nostri amati eroi dell'anti-terrorismo hanno fatto evacuare l'intera palazzina, onde scongiurare una strage dovuta al possibile scoppio di un ipotetico ordigno.
E fu così che una banale lite condominiale venne trasformata in un allarme bomba di massimo livello.
Sarà un effetto dell'undici settembre?
La provincia di Savona ha di che preoccuparsi, intanto suggerirei di alzare il livello di guardia...


News by RSS

Volete sapere sempre cosa succede al Campus senza dover andare sui vari siti (anche se sono molto belli ;-) ) che ne parlano? Volete con un solo click ricevere tutte le news del campus? Non vi resta che accedere una sola volta a http://www.campus-savona.it/, sottoscrivere i feed RSS che più vi interessano tra gli otto disponibili (accoglienza, arte e cultura, aziende, formazione, ricerca, sport, svago e università) e da quel momento, utilizzando un programma di lettura dei feed (IE7 e mozilla lo fanno, ma ci sono anche programmi dedicati freeware come feedreader), riceverete ogni nuova informazione pubblicata. I canali li trovate nella pagina dedicata alle news ed eventi.
Anche il blog della redazione di “Quelli che il Campus...” pubblica dei feed e quindi ogni nuovo articolo pubblicato potrete leggerlo immediatamente.
Per una descrizione accurata di cosa sono i feed RSS, come si comportano e cosa fanno, vi rimando a wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Really_simple_syndication), perché rischierei di essere più noioso di quello che normalmente sono! Vi dico solo che sono uno strumento utilissimo, ed è importante, per tenersi sempre aggiornati, utilizzarli.


Marco Ruggero

Al Campus il convegno provinciale sulle energie rinnovabili



L’ 11 giugno 2007 il Campus Universitario Savonese ha ospitato l’importante convegno “La Provincia di Savona rinnova le energie”, evento che si inserisce nel programma energetico ambientale provinciale per la diffusione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico.
Il programma del convegno, esteso sull’intera giornata, ha previsto la partecipazione di importanti ed autorevoli testimonianze che dimostrano come territorio, sostenibilità energetica e mondo accademico possano interagire positivamente, ponendo la nostra Provincia in netta evidenza sul piano dell’utilizzo delle energie rinnovabili in ambito nazionale.
La scaletta dei lavori ha previsto preliminarmente un indirizzo di saluto ed un piano introduttivo da parte delle autorità provinciali. Tra gli interventi: Marco Bertolotto, Presidente della Provincia di Savona, ha sottolineato l’importanza di promuovere strategie ed investimenti territoriali in energia sostenibile; Enrico Paliotto, Assessore alla Tutela Ambientale, ha illustrato l’origine antropica dei cambiamenti climatici ed ha presentato gli obiettivi del piano energetico provinciale.
Carla Siri, Assessore all’Educazione Ambientale, ha sensibilizzato la platea sulla tutela e sul rispetto dell’ambiente, sottolineando la necessità di concertare un razionale piano di gestione dei rifiuti solidi urbani; Maurizio Bagnasco, Presidente della Scuola Edile, ha illustrato i principi della bio-architettura, partendo dalla progettazione edilizia energeticamente intelligente; Marco Macciò, Presidente dell’Unione Industriali, ha presentato il trend energivoro, sempre crescente, nei settori industriali e nei servizi, prospettando scenari energetici nel medio-lungo periodo.
Successivamente il programma del Convegno ha previsto un inquadramento tecnico-normativo con l’intervento su “La nuova legge regionale e la certificazione energetica” di Carlo Marzani, finalizzato alla compatibilizzazione tra legislazione a tema energetico, linee guida nazionali e regionali, presentando il ruolo dell’Ufficio Energia Regione Liguria.
A seguire la relazione di Maria Fabianelli, dell’Agenzia Regionale per l’Energia Liguria, che ha mostrato il bilancio energetico attuale della nostra Provincia e come questo viene strutturalmente generato.
Giovanni Arnaldi, rappresentante IPS (Insediamenti Produttivi Savonesi), è entrato nel dettaglio descrittivo del PEAP (Piano Energetico Ambientale Provinciale), approfondendo da un lato i concetti di efficienza e certificazione energetica e dall’altro definendo un programma di azioni territorialmente sostenibili, che si possono riassumere nelle seguenti tre tematiche fondamentali: 1) Impiego delle fonti rinnovabili; 2) Promozione dell’efficienza energetica; 3) Diffusione di una corretta cultura energetica.
Vincenzo Garesi, dirigente della Provincia, ha illustrato le finalità dello Sportello provinciale dell’Energia e Giampiero Suetta del Solar Technology Group ha presentato il progetto europeo PURE.
Ferruccio Pittaluga, Professore Ordinario della Facoltà di Ingegneria e coordinatore con la prof. Angela Trucco dell’indirizzo “Gestione dell’Energia”, nell’ambito della Laurea Specialistica di Ingegneria Gestionale, ha esposto il concetto di energia territorialmente distribuita in uno scenario eco-sostenibile. In particolare ha illustrato l’attività dei laboratori e dei progetti pilota attivi nel nostro Campus, con specifico riferimento all’impianto di gassificazione di biomasse.
La simbiosi tra energia da biomasse forestali, eolico e solare rappresenta la più probabile linea di sostenibilità energetica provinciale, come è emerso dalla sessione pomeridiana che ha previsto gli interventi di Enrico Richeri (Impianti eolici di media potenza), Paolo Gnocchi (Energia da biomasse), Mattia Rossi (Filiera del legno) e Massimo Ippolito (Impianti eolici di alta quota).
La seguente tavola rotonda e relativo dibattito sono stati incentrati sull’interessante concetto di “Risparmio Energetico” a cui ha fatto seguito l’intervento conclusivo di Ermete Realacci, Presidente della Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera dei Deputati.
Il Campus, con questo evento, ha acquisito una corretta visibilità in ambito provinciale ed ha assunto il ruolo di aggregatore di competenze multi-disciplinari finalizzate allo sviluppo sostenibile del nostro territorio.
Nella fotografia, il professor Ferruccio Pittaluga durante uno dei suoi interventi.
Pier Giuseppe Giribone e gli studenti del corso di “Gestione delle Macchine e dei Sistemi Energetici 2”

Vacanze-studio: istruzioni per l’uso.

L’esperienza di una vacanza studio potrebbe rivelarsi alquanto traumatica se la si affronta nel modo sbagliato. Ci sono accorgimenti e malizie che si acquisiscono dopo anni di esperienza e che ho deciso di rivelare in queste righe che seguiranno. Per chi non dovesse riuscire a leggere tra le righe sarà una semplice raccolta di episodi surreali avvenuti al sottoscritto durante le vacanze in Inghilterra, che spero serviranno a farvi dimenticare per qualche minuto le preoccupazioni quotidiane. Regola numero uno, mai sottostare alla volontà dei genitori che ci vorrebbero in partenza da soli, per far sì che durante la permanenza all’estero si parli solo straniero e non italiano “sennò ti mandiamo a passare l’estate a Cornigliano”; sebbene sia uno dei compromessi per farci pagare la vacanza, niente potrebbe essere più sbagliato. Anzi, di peggio c’è solo partire in due (si rischia di diventare gli zimbelli della combriccola) specie se si tratta di due esemplari di sesso maschile, che saranno per sempre additati come gli “ambigui” che stanno sempre insieme. Chi è stato in vacanza studio sa di cosa sto parlando e se non ho risvegliato ricordi traumatici sapranno certamente del passaggio numero due, per il quale, non lo nascondo, è necessaria una massiccia dose di “culo”. Si tratta del delicatissimo momento in cui ti appioppano la famiglia presso la quale vivrai nelle settimane a venire, tramite una straziante selezione modello militare. Qui devo ammettere la mia propensione per la sorte avversa, che mi ha sempre riservato famiglie a dir poco disastrate. Il trasferimento in macchina verso l’abitazione è sempre indicativo: nel mio caso si passava attraverso i quartieri residenziali, si attraversava la periferia, poi il ghetto, infine si arrivavo a destinazione. Facile spiegarsi il grande successo dei college, dove il pericolo più grave resta una sparatoria improvvisa o il cibo radioattivo, tutte cose dalle quali impari ben presto a difenderti dopo pochi giorni di “host-family”. Ricordo di un tizio, a Cambridge, un energumeno di due metri per oltre cento chili di peso presso cui risiedevo, ultras della squadra di calcio del Liverpool, talmente fissato che aveva la foto del matrimonio appesa tra una sciarpa ed una bandiera, ebbene, si era sposato allo stadio! Senza contare che durante le partite in tivù, in famiglia c’era lo stato d’allerta e, mostratomi interessato, mi voleva al suo fianco finché il Liverpool perse e fui costretto ad abbandonare la casa (mi sembra di parlare del Grande Fratello, solo che invece di Giorni c’era sto bestione che sbraitava). Ma l’aspetto sociale più importante durante una vacanza studio sono i viaggi in pullman verso le mète turistiche, in particolare i gruppetti che si formano e che vi accompagneranno per tutto il tempo. La musica nelle orecchie è da evitare, almeno i primi giorni, perché sarete isolati e nessuno vi cagherà. Da evitare sarebbero anche i discorsi filosofici o saccenti, perché sarete tacciati da “cocco di mamma” o “signor perfettino”. Io non sono mai riuscito ad azzeccare la mossa pullman, sbagliavo i tempi, insomma…prima che me ne rendessi conto le ragazze avevano già un braccio attorno al collo (a volte anche peggio…o meglio, a seconda dei punti di vista) ed io mi ritrovavo al fianco di un conoscitore esperto dell’arte della Cornovaglia ed un altro con gli auricolari che mi stava sbavando sulla camicia.
Se tornando a casa trovare una pantegana nella vasca da bagno o un uccello che vi spiuma sulla testa (…mi è successo anche questo), non disperate, vi potrebbe succedere anche di peggio. C’è infatti un’altra ardua prova che la vacanza studio vi mette innanzi: il noleggio delle biciclette per gli spostamenti cittadini. Alla “modica” cifra da strozzini che i biciclettari vi faranno pagare, potrete noleggiare una pratica bici con la promessa che alla riconsegna vi verrà restituito parte dell’importo. Non se ve la rubano. Credetemi, ho provato in tutti i modi a spiegare che ero in bolletta dopo quattro giorni di villeggiatura, ma non c’è stato verso; legatevi le biciclette alla caviglia se non vorrete correre la maratona ogni mattina e pranzare a pane e acqua, visto che il sacchetto coi viveri che passa la famiglia ospitante sembra la spazzatura quando ti dimentichi di gettarla per due settimane.
Solo i più bravi di voi riusciranno ad evitare di perdersi o l’arresto, che in questo caso vi aiuterà coi souvenir perché tornerete con un bel tatuaggio o, nel peggiore dei casi, con nuove esperienze da raccontare per l’invidia di Platinette.
Nonostante tutto questo c’è ancora qualcuno che durante il rientro in patria versa qualche lacrima. Diffidate da questi personaggi melliflui e soprattutto non cadete nel tranello di rivedere i vostri compagni d’avventura: se la biondina con il viso carino non ve l’ha data a Puttemburgo non penserete davvero che si concederà sotto casa sua, col padre dalla finestra pronto a sparare! Per fortuna che avevo imparato a fuggire nel Bronx, ma non so se tutti sarebbero così fortunati!
Insomma, se proprio volete delle vacanze avventurose, andate nella Savana africana, andate a fare surf cavalcando lo tzunami, passatevi un mesetto a casa della suocera…ma per favore, non fate gli sprovveduti in vacanza studio.


Alessio Lercari

Tre giorni da star…

Finalmente il nostro tanto amato Campus ha vissuto il suo primo momento di gloria: Il Festival Campus.
Tre giorni di musica e divertimento, l’8 il nove e il 10 maggio che ha vantato l ‘ultima giornata un pubblico di circa 200 persone un gran successo per questa prima edizione.
Il festival è stato organizzato interamente dalla Sacs, l’associazione degli studenti del campus, che si sono impegnati sia nell’organizzazione dell’evento, sia nel lavoro manuale più pesante che prevedeva il montaggio e lo smontaggio del palco ogni serata.
L’ultima sera è stata di grande successo ed ha decretato la vittoria degli “In vivo veritas , gruppo cairese dal sapore folk, che con le sue tarantelle ha fatto ballare tutto il campus, praticamente “vecchi e giovani pizzicati dalla dalla tarantolata”, a cui la Sacs darà l’opportunità di incidere una demo a Settembre. La serata inoltre è stata condotta da Alessio Lercari ed Alessandro Ponte, già conduttori della trasmissione radiofonica “ Lerca o raddoppia” in onda il venerdì dalle 20 alle21 su Radio Savona Sound, che con loro simpatia hanno allietato al serata.
I vincitori sono stati decretati grazie alla giuria popolare e ad una giuria più ufficiale, formata dalla Professoressa Augusta Molinari, Renato Procopio, chitarrista e Federica Martina, pianista che giudicavano non solo l’aspetto musicale ma anche quello che riguarda il coinvolgimento del pubblico.
Bravi anche gli altri gruppi quali i “Santos Vega”, “I Pocker d’assi”, e gli “Spirito libero” .
Ovviamente ogni gruppo doveva avere almeno un componente che frequentasse il Campus per far sì che si incontrassero musica e scuola. Ed è stato un esperimento ben riuscito direi: sulle panchine dove tutti i giorni ci sediamo per mangiare,c’erano orde di ragazze sfrenate che ballavano. Davvero una bella immagine.
Ma il vero vincitore morale è stato il mitico Bruno,” a Woodstock 499.000+1”, e quell’uno era proprio lui.
Sulle note di “Mania”, colonna sonora del film “Flash Dance”, ha scatenato la sua chitarra lasciando tutti a bocca aperta e strascichi di grupies in giro per il giardino. Insomma orami un mito che resterà nella leggenda.
E invece sulle note di questo primo Festival Campus speriamo con tutto il cuore che questa manifestazione si ripeta e visto il successo avuto credo proprio di si!
Francesca Zoccali

Inside Cannes


Anche quest’anno, per il 60°anno, si apre a Cannes la rassegna cinematografica più famosa nel mondo che ha portato alla luce da più di mezzo secolo star e starlette del jet-set internazionale.
L ‘atmosfera come ogni anno è carica di euforia ed emozione: inglesi, tedeschi, italiani e milioni ( e sono davvero milioni i cinesi) passeggiano per le vie di Cannes in cerca di qualcosa da fotografare. Non mancano poi le stravaganze da un gruppo di signore over 50 con parruccone bionde a 4 ragazzi vestiti in kilt con maschere ad supereroi, ma tutto è concesso a Cannes! Nei giardini antistanti il palazzo del Festival sono disseminate foto vecchie e nuove delle star che hanno solcato il famoso tappeto rosso di Cannes, presenti anche molti italiani come Marcello Mastroianni, Roberto Benigni, Monica Bellucci. Anche se quest’anno ,ahimè, il cinema italiano a Cannes si è solo intravisto: in concorso il film di Lucchetti “Mio fratello è figlio unico” nella sezione “Un certain reguard ”, applausi dissennati per il film di Olmi invece “ Centochiodi ” scelto per celebrare il 60° del festival, anche se fuori concorso, e per finire un corto di Moretti.
Amarezza anche per il povero Scamarcio che non è stato riconosciuto per le strade della città francese dichiarando “Cannes non mi ha riconosciuto”! Per non parlare poi del regista Roman Polanski scandalizzato dalla banalità delle domande dei giornalisti (scommettiamo che se ci fossero stati “Quelli che il Campus” tutto ciò non sarebbe avvenuto!!) che se n’è letteralmente andato.
Ma Cannes durante il Festival non da’ spazio solo al cinema ma anche ad eventi collaterali da non perdere come il concerto sulla spiaggia di Wax Taylor un vero guru del ‘ hip hop e dal trip hop francese che si riproporrà , per chi se l’è perso, il 17 agosto al Pantièro festival sempre a Cannes.
L’unica pecca forse che potrà leggermente disturbare la vostra “ gitarella ” a Cannes potrebbe essere il costo della vita durante il festival infatti i prezzi vengono incentivati del 30-35 % (un hamburger con patatine sulla Croiesette 12,50e), ma ci sono anche degli ottimi Kebabish e svariati fast food .
Un evento giovane, il Festival di Cannes , che sta prendendo sempre più piede nel mondo, forse ancora un po’ diffidente davanti al cinema italiano. Infatti i risultati parlano da soli : “the winner is ” “4 months , 2 weeks and 3 days ” del regista rumeno Cristian Mungiu , la storia di un’amicizia, di due ragazze nella cornice del regime di Ceacescu.
Anche quest’anno neanche una palma per l’Italia che pero vanta grandi attrici in concorso, come Asia Argento, che si è presentata con ben tre film portando con se’ il suo fascino di fata dark.
Si chiude questa 60° edizione con la speranza di portare in casa, l anno prossimo, qualche palmetta in più!

Francesca Zoccali

8-9-10 Maggio: E' Festival Campus

Se ne parlava da mesi e mesi...e finalmente il Festival del Campus è arrivato. Come previsto a partire da Martedì 8 Maggio, diretto dall'organizzazione dei SACS, il Campus di Savona ha ospitato per la prima volta una rassegna musicale che ha compreso tre giorni di concerti, ottime band, tanto divertimento ed alcune piccole sorprese.
Ad aprire le danze tocca ai Santos Vega, band di Imperia dedita a pezzi inediti di un ibrido chiamato No School Hardcore, di cui io sono il cantante. L'accoglienza è stata calorosa, noi abbiamo fatto del nostro meglio come sempre ed è filato tutto liscio. Rimando eventuali commenti a qualcun altro per ovviare a facili conflitti d'interesse!^_^
A seguire si sono esibiti i Poker D'assi, combo molto bravo a mischiare cover rock (Incubus ed altri) e classici italiani di Vasco rossi, Litfiba ed altri. Sono loro a passare in finale grazie ad un punteggio di 42-20. Il primo giorno finisce, un pò tentennante a causa di un'affluenza di pubblico un pò misera. Chi c'era però si è fatto sentire. Eccome se lo ha fatto.
Dopo corsi, esami, pranzi in mensa e riposini sulle panchine inizia la seconda giornata con le esibizioni di In Vivo Veritas, band totalmente fuori dagli schemi, impegnata in un folk davvero caratteristico e Spirito Libero , altra cover band. Vincono in maniera schiacciante gli In Vivo Veritas che tutti sono contenti di rivedere la terza sera, assieme ai Poker D'Assi. Ed è proprio Giovedì 10, quando il festival sembra ormai essere agli sgoccioli, che inizia il capolavoro. Gli In Vivo Veritas sembrano brillare di luce propria e vincono il festival con un'esibizione che ha
del poetico: un'ora di concerto passa via come un alito di vento e ci si può quasi rendere conto della magia, scoprendo di avere paura che il concerto finisca, chiedendo ancora una canzone. Quando i quattro intonano alcune canzoni di De Andrè tutti sembrano impazzire, si balla, si ride, ci si diverte ed i membri stessi di tutti gli altri gruppi, capiscono che era così che doveva andare.
Gli In Vivo Veritas concludono la performance e dopo l'incoronazione di vincitori del primo Festival campus inizia un frenetico Dj Set, alternato dalle performance chitarristiche del mitico e sempre più sborone (In senso buono ovviamente) Bruno, che scopriamo tutti autentico galvanizzatore delle folle.
Sorpreso dalla festa e dalla gente che balla e ricordandomi che come partyboy sono un'autentica frana, mi rifugio in sala mensa dove scopro che gli In Vivo Veritas stanno tenendo un piccolo concerto per pochi intimi. Me ne sto, è proprio ciò di cui ho bisogno e dagli sguardi affascinati della gente che è lì con me mi rendo conto di non essere l'unico.
Il tempo passa e i quattro ragazzi continuano a suonare come delle macchine. Cambiano le canzoni e cambia la location perchè si ritorna sul palco, che intanto si è liberato, per concludere la serata con un dolce e soffuso showcase acustico, dove tutti si improvvisano coristi e percussionisti, suonando casse-spia, panchine e addirittura le assi dello stesso palco. Ed è qui che la serata tocca il picco, qui, quando i rimasti si affollano intorno agli In vivo Veritas cantando calorosamente, senza rendersi conto che ormai è l'una passata.
Vado a dormire come ipnotizzato, contento di aver vissuto un'altra esperienza di quelle che ti fanno crescere...

Philipe Mazzeo

martedì 29 maggio 2007

Intervista agli 'In vivo veritas'

Il 10 maggio 2007 si è conclusa con una grande festa la prima edizione del Festival Campus, tre giorni di musica organizzati dalla SACS, l'associazione degli studenti del campus universitario di Savona.
Ha vinto la formazone degli In Vivo Veritas composta da Alessandro Suffia alle percussioni e didjeridoo, Nicolò Lovanio alla fisarmonica, Antonio Micucci, la voce del gruppo, ed Emiliano Berchio alla chitarra.
Per saperne di più su di loro ci siamo fatti una bella chiaccherata.
-Complimenti, avete vinto il festival campus nella maniera migliore, facendo ballare la gente e concedendo anche molti bis!
"Sì, siamo contenti. Il nostro intento è quello di coinvolgere le persone e farle muovere. E quando ci riusciamo ci divertiamo talmente tanto che è difficilissimo femarci."
-Quanti anni ha questa formazione?
"Innanzitutto volevamo precisare che la formazione comprende anche un altro chitarrista-rumorista, Mirco Pedretti, che oggi non è potuto venire perchè è a casa con la moglie che aspetta un bambino, questa vittoria è anche sua.
È nata nell'inverno 2005, anche se ci si conosce da più tempo. In questi anni abbiamo trovato un'intesa che ci ha permesso di raggiungere un affiatamento, sia musicale che tecnico, tale da portarci a decidere di non provare più in sala per concentrarci, piuttosto, a sviluppare il modo di suonare dal vivo.
In questo modo possiamo perfezionarci sempre di più ad ogni concerto, acquisendo sempre maggior sicurezza, fino ad operare scelte tecniche come l'utilizzo di nuovi strumenti."
-Abbiamo notato una strana percussione...
"E' una percussione peruviana che si chiama Cajòn e ci siamo fatti costruire appositamente in legno policarbonato. A livello sonoro ti permette, a differenza della batteria, di suonare dal vivo in spazi piccoli come bar o piazzette, senza amplificazione e quindi senza coprire una fisarmonica piuttosto che una chitarra. Una cosa fondamentale per poter fare una musica popolare, sulla strada."
-Non provare prima richiede un approccio particolare con le serate dal vivo?
"Di solito in nostro approccio con i concerti si svolge in due fasi: nella prima sacrifichiamo una parte di repertorio per cercare di capire chi abbiamo di fronte, poi una volta riuscita a creare l'atmosfera cerchiamo di far muovere la gente. Suoniamo senza una scaletta precisa proprio per cercare di capire i gusti del pubblico."
-A proposito del vostro repertorio, abbiamo sentito anche alcuni pezzi di De Andrè. Una scelta molto impegnativa...
"Il problema è che ogni volta che facciamo un pezzo di De Andrè, che richiede arrangiamenti molto corposi, lo interpretiamo a modo nostro e non sempre piace alla gente, soprattutto a un pubblico come quello ligure per il quale quest'autore è sacro. Ma essendo noi liguri, lo sentiamo un po' anche nostro."
-Nella vostra musica si sente moltissimo la componente etnica, ma anche qualche sfumatura di folk. Quali sono le vostre fonti d'ispirazione?
"Noi veniamo tutti da esperienze diverse, quindi le nostre influenze spaziano, un po' a seconda dei singoli componenti, dalla musica irlandese o celtica a quella occitana, passando naturalmente per pizziche e tarante. In generale tutta la musica del folclore popolare.
Il piccolo brano che abbiamo letto sul palco stasera è preso da un libro scritto da Alcide Cervi che parlava di un'unità d'Italia basata sugli aspetti culturali e le diversità che trovano una dimensione di dialogo.
Pensiamo che questa band, nel suo piccolo, si rispecchi a questa realtà."
-In Vivo Veritas, da dove deriva il vostro nome?
"È il titolo del primo album dei "Mercanti di luquore", un gruppo milanese che abbiamo conosciuto grazie a Paolo Conte. Per noi ha anche un significato che si rifà a quello che dicevamo prima e che fa parte del nostro stile: la verità è dal vivo."
-Cosa ne pensate del mercato discografico italiano?
"L' impressione è sicuramente negativa. Per quel che riguarda il nostro genere, la risposta del pubblico è buona, però poi se accendi la radio non lo passano mai. In Italia il palinsesto delle radio è sempre lo stesso ripetuto tre volte al giorno. Siamo appena stati per una settimana in Irlanda a suonare, lì c'è molto più considerazione per la musica etnica."

-Avete mai pensato di potervi affacciare su un mercato straniero?
"Assolutamante sì, anche perchè l'estero offre molte possibilità anche a livello di esibizioni. Noi l'abbiamo sperimentato, il rapporto con la musica eseguita così, fuori dai nostri confini è molto diverso."
-Che programmi avete dunque per il futuro?
"Al momento questo progetto su De Andrè ci ha portato via un sacco di tempo, ma per il futoro volevamo dedicarci a fare sempre di più cose nostre. Prossimamente suoneremo il 27 giugno a Savona, al Raindogs. Poi a luglio saremo il 7 a Cairo con gli Yo Yo Mundi e il 14 a Rocca Verano con lo spettacolo su De Andrè. "

Francesco Maggi


giovedì 24 maggio 2007

L'emozione si fa musica

Tutto esaurito al Datch Forum di Assago per una delle prime tappe del “Soundtrack Tour” di Elisa. Dopo ore di attesa sia all'esterno del palazzetto che all'interno lo spettacolo finalmente inizia.
Le luci si abbassano,tutto buio. Ci si addentra così in un mondo parallelo, Elisa fa il suo ingresso sul palco e un boato la accoglie. La prima canzone è “Stay”, uno dei nuovi singoli presenti nel suo album. Il concerto inizia e veniamo tutti trasportati dalla musica, da quella voce. Elisa canta, balla, sul palco è presente anche un coro gospel formato da sei elementi che contribuisce a dare quel tocco di “soprannaturale”. Sì, proprio così. La sua voce dal vivo è qualcosa di inimmaginabile, delicata e al tempo stesso potente. Elisa è stata in grado di toccare note così alte che veniva da chiedersi se fosse “normale” poter riuscire a cantare così. Era totalmente trasportata dalla musica, sembrava una piuma che volteggiava nell'aria fatta di parole e note. Ci annuncia che canterà “Almeno tu nell'universo”, si sa che la canzone tocca note altissime ma lei la interpreta seduta a gambe incrociate sul palco, come se fosse la cosa più normale e naturale del mondo. L'emozione è stata tanta e forte, sembrava che Elisa facesse l'amore con la musica; con la sua voce ha toccato le note più profonde di tutti noi, ci ha regalato brividi indimenticabili. Dopo lo spettacolo, persi ancora in quel mondo magico dov'eravamo stati, la mente tornava all'inizio del concerto. Prima che Elisa salisse sul palco, era apparsa un frase sul mega schermo posto alle spalle del palco: “ Tra noi non è finita e mai finirà”. Solo in quel momento riuscivamo a capirne profondamente il senso.

Marzia Costantino

Digitale si, digitale no..


Sono ormai quasi dieci anni che l’uomo conosce il digitale applicato alla musica… quasi dieci anni che la musica viene visualizzata in maniera elettronica grazie ad interfacce e a dispositivi hardware e software, spesso paradossalmente “non suonata”, sempre e comunque “aggiustata” dalla grande “officina digitale”.
Sono ormai preistoria i grandi e ingombranti registratori magnetici a nastro che venivano impiegati negli immensi studi di registrazione; simili come principio ai vecchi impianti a cassettina, per altro molto di moda oggi sui banchetti di fiere di modernariato e roba vintage, permettevano di registrare su supporto, si diceva, magnetico tutto il lavoro del musicista. Pizze di nastro, sorelle delle omonime impiegate in ambito cinematografico, che implicavano tempo, fatica e denaro, che scaldavano il suono tramite la valvola, che riproducevano l’esecuzione umana fedele. La musica era d’elite, non per tutti. I dischi erano un concentrato di co-operazione di produttori, direttori di studio, tecnici del suono, assistenti e non ultimi per importanza – i musicisti. I dischi venivano “vissuti”. Le produzioni non erano ancora gestite dalle multinazionali della musica, sponsor e televisioni commerciali; gli artisti che registravano venivano considerati dei veri e propri canta-autori.
Poi, piano piano, le cose hanno iniziato a prendere una via diversa.
La combinazione dell’informatica e dell’elettronica si è incontrata con la musica, nel senso più largo del suo significato. Programmi super professionali che distruggono gli schemi fin qua gestiti: il produttore, il tecnico del suono, l’arrangiatore si fondono in un tutt’uno – te stesso. Chiunque, grazie al digitale, diventa produttore della propria “robaccia” suonata – non si ha più bisogno di un’orchestra per suonare, il burattinaio della melodia diventa colui che sta davanti allo schermo.
Ovviamente il vile denaro entra in gioco, e come al solito, non poco; nel senso che non è proprio che tutti tutti ora possano fare musica allo stesso modo. La competizione in ambito musico-digitale è alta, la concorrenza è spietata. I programmi migliori supportano ovviamente interfacce e componenti informatiche dalle qualità eccellenti e di conseguenza dal costo a volte un po’ alto. Gli studi di registrazione moderni e migliori arrivano ad investire tranquillamente alcuni miliardi delle vecchie lire in computer, casse, amplificatori e mixer tutti gestiti da una “scheda audio” esterna, che raccoglie tutto al suo interno in questa scatola nera fatta di bit, ricreando la magia della musica. Schede audio ormai ce ne sono di tutti i tipi, gusti e dimensioni: ce ne sono alcune specifiche per un determinato tipo di suono, altre che puntano a mercati cosiddetti di nicchia, lasciando un impronta ben precisa sul genere di sound riproposto. In casa, ognuno, con non troppi euro, può dilettarsi a piacere davanti al monitor e davanti a questi “giochini” di una fedeltà impressionante, può comporre e stravolgere ciò che più vuole in ambito musicale – diventa direttore d’orchestra di se stesso, cantautore digitale. Un po’ come funziona per la fotografia digitale o per il video digitale, con i loro programmi annessi.
Cosa attende, dunque, al mondo dei musicisti? A che cosa va incontro tutto l’universo musica? Queste le due grandi domande che pone il sottoscritto e alle quali risposta non trova… che l’audio-digitale possa cambiare così tanto la musica da renderla una cosa sintetica, asettica e priva di ogni significato? Come farà a spiccare un genere musicale o un nuovo fenomeno commerciale o un nuovo movimento associato ad un determinato suono? ... in quest’era del digitale, dove tutti fan tutto … ma solo pochi lo fanno bene…

Stefano Pecchio

Troppo lontani per Cannes…


Secondo voi, quanto dista Roma da Cannes? Quanto ci vuole, se ci si mette di buona volontà, ad arrivare sulla Costa Azzurra partendo dalla Città Eterna?
La risposta è facile….troppo! Soprattutto se a dover percorrere la distanza non è una macchina ma il nostro cinema. In questo caso la distanza si dilata sempre più, fino a diventare uno spazio immenso.
Ha infatti avuto inizio da pochi giorni il sessantesimo Festival del cinema di Cannes, e per l’occasione noi non siamo stati invitati. Moltissimi sono i film che partecipano alla manifestazioni, alcuni arrivati direttamente dall’impero del sol levante, ma da Cinecittà assoluto silenzio.
Certo, possiamo consolarci pensando che almeno qualche attore made in Italy è riuscito ad “imbucarsi” alla festa, ma comunque questo non cancella il fatto che siamo stai completamente snobbati.
E volete sapere di chi è la colpa di tutto questo? Ancora una volta la risposta è molto semplice….nostra!
Sonno anni oramai che il nostro cinema sforna film mediocri, se non addirittura assolutamente brutti, che hanno annoiato un po’ tutti.
È passato il tempo del grande Sergio Leone e dei suoi Western, di Totò e delle sue battute, di Rossellini e della sua “Roma città aperta”. Ormai il pubblico italiano si emoziona per Scamarcio e per le storielle alla “tre metri sopra il cielo….”, film dove le ragazze piangono e i ragazzi ci provano facendo finta di apprezzare.
Ma se tutto questo può andare bene per noi, di certo non può andare bene per Cannes. Laggiù, sulla Costa Azzurra, non le vogliono le nostre storie strappalacrime, i nostri film tutti uguali dove l’unica differenza un po’ sostanziale è il nome diverso del protagonista.
Spero che questo faccia aprire un po’ gli occhi ai nostri registi, ai nostri sceneggiatori, a tutti i ben pensanti che subito hanno preso la nostra esclusione come una immotivata offesa, un terribile sgarbo.
Il cinema italiano sta lentamente morendo, ma sembra che a noi vada benissimo così. Ed è questa la cosa veramente tragica; che noi siamo capaci di fare bei film, ma sembra che ultimamente ce ne siamo dimenticati. E finchè non torneremo a ricordarci come si fa, Cannes sarà sempre troppo lontana per noi!

Michele
Nisi


Intervista ai Temple Rents

-pubblicato marzo-

Questo mese, per inaugurare la nuova redazione, ho deciso di intervistare uno gruppo musicale tra i più attivi e brillanti composti da studenti del nostro campus: i Temple Rents.
Per fare l'intervista capito proprio in mezzo ai festeggiamenti per il compleanno della nuova voce del gruppo: Phill. Non c'è niente di meglio, penso, per conoscerli, per vedere quant'è forte il loro legame al di fuori del gruppo, della musica insomma...Impossibile!
Quando sono entrata suonavano chiatarra, basso e non so come mai un paio di nacchere...Quando si trovano assieme qualsiasi cosa diventa uno strumento e l'atmosfera un po' fumosa con la luce soffusa e un torneo di Play in corso si riempe di note, di cori e di risate.
Beh insomma impossibile dividerli dalla musica, ma riuscirò a farli concentrare?
In qualche modo sì, abbiamo chiacchierato, e sono riuscita a carpire le informazioni che mi interessavano.
I Temple Rents sono una band composta da ragazzi provenienti da diverse realtà della scena alternativa ligure,l’età è compresa tra i 21 e i 24 anni e i membri sono sei :
PETER –voce
PHILL – voce
ESPE – chitarra
MAURO – chitarra
STIX – basso
MITCH – batteria
E fin qua ci siamo.
Il difficile è stato capire la vera risposta alla domanda per eccellenza di un'intervista ad una band:
-Da dove viene il nome del gruppo?
Ridono, mi raccontano diverse storie, alla fine mi sono convinta che quella vera venga dal suggerimentodi un loro amico che, in viaggio in America, ha visto un cartello con scritto “temple rents” ,letteralmente templi in affitto, e l'ha proposto.
Guardo Espe: “ci devo credere?” Mi sorride. Allora me lo appunto.
Subito accettato il nome è rimasto tale negli anni di vita del gruppo, sei, fino ad oggi.
Tornando ad essere seri mi spiegano qual'è il contesto musicale in cui si inseriscono,
parla Peter:
“Il panorama musicale,ora come ora è molto frammentato e i generi musicali non sono più definiti.”
-Tra definizioni fatte di ossimori, assonanze, accostamenti che stridono com'è la vostra musica?
"Samba, a cappella e Western Swing (ridono) no no, interviene Stix I Temple Rents propongono un mix di rock vecchia scuola, scremo e punk melodico.
I pezzi sono nostri, abbiamo solo una cover ed è un'eccezione.
Nella nostra musica ci sono particolari influenze da gruppi come Motley Crue , Eighteen Visions, Story of the Year, Bullet for my Valentine, Over It... "
(nel frattempo Phill mi sillaba i nomi e controlla che non sbagli negli appunti)
-Sono sei anni che suonate, che evoluzioni ha subito il gruppo?
"Il gruppo è cambiato gradualmente nel tempo, sia come componenti sia come livello di qualità delle musica. È normale. Il campus ha dato la svolta al gruppo, abbiamo la possibilità di vederci spesso e da due mesi abbiamo la nostra seconda voce Phill."
-Il primo live a formazione completa è stato il 10 marzo 2007 al Milk club di Genova.
Come vi siete trovati a suonare lì? E' un palco famoso.

Scattano sguardi d'intesa, e sorrisi istantanei: "Abbiamo spaccato."
Prima dell’arrivo del secondo cantante i Temple Rents hanno solcato i palchi più importanti della scena ligure suonando in locali come: Milk Club, Logo Loco, Madleine Cafè, Ju – Bamboo, Zapata e Babilonia... Hanno condiviso lo stage assieme a gruppi nazionali ed internazionali :
Teenage Bottlerocket (USA); Holiday With Maggie ( Svezia ); Down To Earth (Francia), Five O’s , Stinking Polecats, Agent Pazz, Marsh Mallows, Slide, The New Story…
Fondamentale per il gruppo il 2006, esce infatti un sampler per rock in Genova assieme ad Agent Pazz (ex chitarrista dei Bigoz Quartet) .
Nell’estate partecipano alla compilation di Lovekills Clothing assieme a grandi nomi della scena italiana come i The Fire, Gaia Corporation , The New Story... In distribuzione al Rock in Idro per 10000 copie .
Nel gennaio 2007 viene registrata una nuova demo con 2 pezzi che rispecchiano il nuovo sound della band con l’ingresso del nuovo cantante .
-Qual'è il vostro pezzo preferito?
“Ignition”.
-Perchè?
Stix: “perchè? Non c'è un perchè devi sentirlo e basta. E' l'energia.”
Peter: “è bello partire con quella, è tutta l'energia che mettiamo nel concerto, nel sangue.”
“è adrenalina pura, potente, è rabbia. E' sempre la prima, spacca.”
Stix: “quando la suoni in saletta, immagini centomila persone lì davanti, e ti piglia benissimo”!
Siamo arrivati alle domande conclusive ragazzi:
-Qual'è la cosa più bella che ricordate dei vostri concerti?
"Non c'è una avvenimento particolare, l'ultimo concerto al Milk è stato stupendo. Ma la cosa più bella è quando vedi la gente sotto al palco che canta le tue canzoni, si diverte e ci crede. E' bellissimo."
-Prima guardavate i palchi della città, come quello del Milk e sognavate di suonare lì sopra.
Ora che ci siete arrivati a quale guardate?

"Senz'altro puntiamo alla registrazione del disco a giugno di quest'anno che sarà auto prodotto e divulgato in lungo e in largo alla ricerca di un etichetta.
E poi ci sono un paio di date già programmate, tra cui il nuovo Festival del Campus."
Giusto! La musica entra, viva, dentro al Campus.
Allora aspettiamo di saltare con voi, nel frattempo mi alleno in casa ascoltandovi dal vostro sito:
www.myspace.com/templerents
Bene direi che è tutto.”that's all folks”
Mi ringraziano qualcuno dice “finalmente”, ridiamo e facciamo un brindisi alla prima intervista dei Temple Rents!
Buon lavoro e buona fortuna
Francesca Marzullo.


martedì 22 maggio 2007

Appunti di viaggio

Partenza dall’aeroporto di Genova ore 13.15 volo AF5842 Y. Arrivo all’aeroporto di Parigi ore 14.30. Breve giro per l’aeroporto Charles De Gaulle.
Partenza dall’aeroporto parigino alle ore 16.30 (ora locale) volo AF 64 Y destinazione Los Angeles (CA, United States). Arrivo a LAX ore 6.30 pm (ora locale).
Solo dure ore sulla carta in questo momento scritte, ma sulle spalle del sottoscritto ne son passate quindici?! Forse sedici? …non me lo ricordo! … in ogni caso tante.
Ci vogliono un paio di giorni per riprendersi dal “jet lag”, e non si pensi, prima di partire, che sia così sempre e solo per gli altri… il sottoscritto da arrogante ha pensato che il fenomeno non lo avrebbe interessato minimamente, ma non è stato così poi! passare tutte quelle ore su un aereo non è da poco per il fisico umano! Infatti, ripeto, i primi tre giorni sono caratterizzati da un forte “rincoglionimento”… Imbambolato, ti rendi subito conto che qui i tempi e gli spazi son dilatati, fortemente dilatati. Solo che ad attraversare la strada, in certi punti, c’impieghi quindici secondi di orologio! Secondi che, come conseguenza, girano più lenti… almeno, ripeto sempre per il sottoscritto.
I primi cinque giorni solitamente vedono una prima presa di coscienza sul dove sei, che fai, dove vuoi andare e come fare a fare tutto quello che vuoi fare… grande problema sono gli spostamenti, in zone dove è in pratica impossibile “girare” senza quattro ruote che “girano” con te.
La città di Los Angeles è strutturata su un superficie di non so quanti chilometri quadrati (non lo so e non lo voglio neanche sapere) divisa in zone caratteristiche l’una dalle altre… DownTown è il “centro”, il centro del commercio, inteso come “city” - uffici, grattacieli, magazzini, linee metropolitane, pinguini in giacca e cravatta con ventiquattrore mescolati ad individui sud-americani, afro-americani e asiatici “stile grand theft auto” Vice City (fedele per altro al videogame nei minimi dettagli). Poco importa di quest’area.
Affianco salendo leggermente verso Ovest e verso mare, più esattamente verso l’Oceano Pacifico, si incontra la collina di Hollywood, grande centro di attrattiva per i turisti che vanno, come il sottoscritto, a fare centinaia e centinaia di foto, ad una via che in realtà non ha nulla di fortemente attrattivo… a parte sempre i soliti negozi, negozi e negozi… Il famosissimo Chinese Theatre è il punto più “figo” di tutta Hollywood Blvd, il vialone dove c’è la “walk of fame” – quei piastrelloni dove son riportati i nomi dei personaggi famosi della storia dello spettacolo, sia esso cinema, musica, televisione etc.. I piastrelloni con le impronte degli attori che hanno registrato film sulla collina sono invece davanti al teatro, in una piazzetta dalle modeste dimensioni.
Per carità, non voglio essere frainteso – non sto distruggendo il mito… il detto vialone con negozi, centri commerciali, passeggiata della fama e piazzetta delle dediche con mani e piedi è un posto davvero meraviglioso! Pieno di gente che viene da tutto il mondo, che fa foto, si diverte, viene fermata da “comparse dei film” per fare foto in mezzo alla strada (spiderman, superman, star wars e jack sparrow – truccati uguali ai film) e tutti sembrano immersi in questo paesaggio surreale che non aiuta a capire se si è dentro alle riprese di un film o se sia una realtà vera, vissuta…
Proseguendo verso mare ci si imbatte nel piccolo ma comunque molto importante quartiere che è Beverly Hills – altra piccola collina di Los Angeles. Grandi ville, faraoniche nel tratto Bel Air, famoso per il “fresco principe”, dove effettivamente le dimensioni delle case iniziano a farsi “imbarazzanti” – si tenga conto che si nota “solo” la facciata delle case dai viali, ma se la facciata è quella… lasciamo stare, alla fine non è di particolare rilevanza “l’architettura di un quartiere” abitato dalla vera crema del cinema hollywoodiano e dei suoi derivati… Facendo un paio di Avenue ci si rende subito conto che è tutta così e che non c’è niente da fare o da vedere di particolare… son solo viali con le palme e case che è meglio non sognare… per non starci male.
Sotto la collina di Brad Pitt e soci c’è Santa Monica – campo base del sottoscritto e degli altri due esploratori in missione con lui… Degna di nota come forse il “fiore all’occhiello di tutta la città degli angeli”, non tanto per la bellezza quanto per la vita che si vive – una città a misura d’uomo (sempre tenendo conto dei parametri detti all’inizio), dove si vive senza troppi problemi. L’aria è distesa e rilassata, c’è molto rispetto sia per giovani che per anziani. I portoni degli appartamenti sono quasi sempre “aperti al pubblico” e i recinti dei classici praticelli all’americana con garage annesso, son alti mezzo metro o poco più – forse qualche piede. Il “progresso” lo si può toccare con mano in ogni punto della strada.
Bella, bella davvero Santa Monica – very nice come direbbero “loro”. Scendendo giù verso mare per SM Blvd si arriva alla spiaggia, sede di quasi tutte le puntate di Baywatch… Chilometri e chilometri di sabbia finissima e dorata che ti portano fino in Messico (primo padrone della California come territorio, poi spodestato dagli Stati Uniti).
La cittadina successiva è Venice Beach. Risulta davvero difficile descrivere questa zona, credetemi. Forse la più particolare e la più caratteristica; dove lo skate, il surf, la sabbia, il sole, le palme, gli artisti di strada e il gusto per la trasgressione si fondono in un tutt’uno, dando vita a questa cornice unica nel suo genere, che ammalia chi ci cammina e chi ci si immerge, dopo un po’, dentro. Il posto dove sono nati gli “hippies” per intenderci… Lascio immaginare a voi lettori.
Incredibile… Le riprese dei bagnini o di tutti i programmi che girano al pomeriggio su Mtv qua in Italia possono dare un taglio abbastanza preciso di quello che è la zona. Proseguendo verso sud i confini della città di Los Angeles iniziano a sfumare, inizia a non essere più città ma si passa a tanti “piccoli paeselli” in riva al mare disposti uno dopo l’altro e sempre molto simili in successione… Marina Del Rey, Manhattan Beach, Hermosa Beach, Redondo Beach, Long Beach, Newport Beach, Laguna Beach. Tutte e solo “Beach”. Tutto e solo Orange County – che non è il nome della fiction di Ryan e Seth, ma bensì il nome di tutta questa vasta regione della California. Piccola nota dell’autore: lo sceneggiato, per dirla all’italiana, che viene trasmesso qui da noi è la seconda scelta… “loro” la seguono Laguna Beach, che da noi non ha lo stesso successo, forse perché non pubblicizzato come il primo. Tutte le beach che si leggono due righe fa, sono solo alcune di tutte quelle presenti in questa parte di America. Il viaggio dentro ad esse da la possibilità di vedere cose mai viste prima, di gustare sapori particolari, di sentire profumi di mare trasportati al largo dal vento dell’oceano, che soffia sul viso di chi osserva. Accecato mi sento ora dal caldo sole californiano che tramonta… che brucia la sabbia di queste bionde spiagge, che si “attacca” quasi non volesse togliersi più, quasi come se dicesse – ora che ti ho contagiato, sarà difficile sbarazzarsi di me! …ed è così, credetemi

“Che Master Che Fa”

-pubblicato maggio-

“Fabio Fazio al Campus di Savona per inaugurare il Master in Programmazione e Produzione radiofonica e televisiva, e per tenere una delle prime lezioni”. Era proprio questa la notizia che girava da un po’ tra gli studenti e che, poco prima del 26 marzo, è stata confermata dagli organizzatori del Master.
Ebbene sì, tutto vero, il celebre conduttore di Rai 3 ha inaugurato Lunedì 26 marzo il Master di 1° livello organizzato dall’Università con la collaborazione della Spes e il finanziamento della Provincia, tenendo una lezione dal titolo “Fazio e la televisione”, nella palazzina Branca del nostro Campus.
Non molti gli studenti ad attenderlo, anche per la poca pubblicità che è stata fatta del suo arrivo, e quei pochi, appostati all’entrata della palazzina, speranzosi di riuscire ad ottenere il permesso per poter assistere alla sua lezione, si sono dovuti accontentare solamente di un saluto.
A pochi giorni dalla consegna del premio “E’ giornalismo”, per lo stile e l’educazione tipiche delle sue interviste, e alla vigilia della vittoria dell’Oscar della Tv, per il suo “Che tempo che fa”, come trasmissione dell’anno; il popolare conduttore di Rai3 è venuto a vedere “che tempo faceva a Savona”, e per la prima volta, nella sua città, è stato lui a salire in cattedra.
Tante sarebbero state le domande che molti di noi avrebbero voluto fargli, soprattutto in questo periodo in cui il suo programma è diventato uno dei più importanti nel panorama televisivo italiano.
Elogiato per la sua grande capacità di portare in tv persone di grandissimo livello che non si vedono mai sui teleschermi, riuscendo a farne emergere soprattutto la loro umanità; ma anche criticato da chi lo considera troppo buonista e servizievole nei confronti dei suoi ospiti ai quali, dicono, non ponga mai domande “scomode”; Fabio Fazio resta oggi, soprattutto in questo periodo televisivo, in questa televisione sempre più volgare, uno dei migliori conduttori, e a chi gli pone delle critiche risponde rivendicando fermamente il “piacere della conversazione” e la volontà di non cercare lo scontro con chi ha di fronte, ma bensì il dialogo. Anche per questo il suo programma, sempre più spesso, viene definito una sorta di “isola educata”, una “boccata d’aria fresca” all’interno della televisione italiana, sempre più ricca di scontri, litigi e dibattiti non sempre civili. Un programma nato non troppo facilmente, che in origine ha dovuto lottare con gli indici di ascolto, ma che oggi, a distanza di circa quattro anni dal suo debutto, ha saputo assicurarsi un posto d’eccellenza. Chiaro ed ottimo esempio di infotainment, ovvero di quella “fusione”, a volte anche positiva, che può avvenire tra informazione ed intrattenimento. Già, proprio l’intrattenimento, e in questo caso, non si può non prendere in considerazione l’ormai celeberrimo intervento domenicale di Luciana Littizzetto, in grado addirittura di raddoppiare i dati d’ascolto, e di tenere incollati al teleschermo circa otto milioni di telespettatori. Il “duetto” tra Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, molti amano definirlo così, un quarto d’ora di puro divertimento in cui la vera protagonista non è solo la celebre comica, ma anche il conduttore, perfetta spalla al monologo della Littizzetto. Sembra davvero che non conosca nulla di quello che lei andrà a dire, (e forse è proprio così!), la sua faccia che si scandalizza davvero alle esclamazioni, a volte un po’ colorite, della comica torinese, è davvero imperdibile. Il classico bravo ragazzo imbarazzato per le affermazioni di una comica impertinente, momento eccezionale, quasi perfetto.
Eh già…il classico bravo ragazzo, perché in realtà a lui non dispiace fare il bravo ragazzo, e diciamo che gli viene anche bene; anche se molti non la pensano così e non sopportano proprio questa sua aria da “primo della classe”. Indipendentemente dalle critiche, però, basta schiacciare gli altri tasti del telecomando e vedere sconosciuti appena usciti da una casa di Cinecittà che litigano in uno studio la domenica pomeriggio, o cosiddetti “opinionisti” che discutono animatamente in un “Arena”, sotto la guida di un Giletti qualsiasi, per capire che, forse, c’è di peggio.

“ComunicAzione al Campus”

-Intervista a Duccio Forzano-
-pubblicato maggio-

“La regia è il vestito del programma. Perché, vedi…la televisione è luce. Quando sono arrivato da Fabio gli ho detto: io la scenografia la voglio grigia, e mi hanno risposto: ma è triste?...lo so che è triste, ma poi la faccio diventare allegra io…perché, ogni ospite avrà la sua connotazione; infatti, i cambi di luce sono un momento di spettacolo che durano un secondo, ma sono una magia che puoi fare solo se progetti quella cosa, non puoi improvvisare. Se venite in studio nel momento in cui ci sono le luci di servizio, la scenografia è tristissima, non c’è niente, in realtà è vestita dalla luce”.
Così, Duccio Forzano, regista di “Che tempo che fa” e uno dei migliori registi televisivi italiani, descrive il suo lavoro, sottolineando soprattutto l’importanza della luce all’interno di un programma, ma anche dell’impatto visivo che questo deve avere sul telespettatore; caratteristica che cerca sempre di non far mancare ai suoi spettacoli.
Il famoso regista, già a Savona da una settimana, in occasione del Master in Programmazione e Produzione Radiofonica e Televisiva ha, infatti, tenuto giovedì 19 aprile, un incontro pubblico nella Palazzina Branca della Spes, inaugurando così, “ComunicAzione al Campus”: una serie di incontri con importanti personaggi del mondo della comunicazione che, nei prossimi giorni, avranno luogo qui a Savona. Noi del giornalino abbiamo avuto il piacere di intervistarlo e non abbiamo perso l’occasione per farci svelare qualche curiosità e qualche trucco in più riguardo ai suoi programmi e, soprattutto al suo lavoro di regista.
La curiosità era davvero tanta, saremmo rimasti a parlare di televisione e regia per delle ore, ma evidentemente questo non era possibile, così ci siamo accontentate di qualche domanda.
Francesca rompe subito il ghiaccio chiedendo qual’ è il ruolo della regia in un programma fondamentalmente statico, come il talk show di Fabio Fazio e Forzano non se lo fa ripetere due volte, cominciando a farci notare quanto in questo caso sia fondamentale il “tocco del regista” e quanto in certe situazioni, possa essere più importante un piano d’ascolto, piuttosto che una parola. “Nel caso di Fabio Fazio, la difficoltà vera è ascoltare, anticipare, cercare di aiutarlo ad entrare, magari anche ad interrompere a gamba tesa rispetto al suo ospite…sono dettagli che, però, fanno sì che quando vedi l’intervista godi molto di più, è più fluida, funziona di più”. Questo vuol dire che il regista non è solo un esecutore di ciò che scrivono gli autori, non si deve limitare a riprendere quello che accade in studio, ma deve metterci del suo, deve raccontare, soprattutto per le persone che stanno a casa, perché, in realtà, in quel momento è lui che decide cosa deve vedere il pubblico.
Incuriosite dai racconti di Forzano, gli domandiamo se un regista può incontrare delle difficoltà nel momento in cui accetta di occuparsi di un programma; ovvero quanto si sente, e soprattutto, quanto ha la possibilità di cambiarlo, di lasciare la propria firma. Molti sono i problemi che si possono incontrare, e che Forzano ha incontrato, dopo averci raccontato qualche aneddoto, ci dice:“Ho trovato la strada migliore per portare a casa un progetto: sono sceso a compromessi…non è vero che non bisogna scendere a compromessi…certo, ad un certo tipo di compromessi…però bisogna cercare di capire anche chi sta dall’altra parte”. Questo è stato il suo consiglio: nel momento in cui si porta avanti un progetto, è bene non perderne mai di vista l’importanza, non smettere mai di credere in quello che si fa ed aspettare il momento giusto per proporlo e per portarlo avanti.
Tra una chiacchierata e l’altra, è già passato un quarto d’ora, ed è arrivato il momento dei saluti; io e Francesca usciamo dall’aula insieme a Forzano, e ci salutiamo con la promessa di non perdere i contatti e di continuare a sentirci, dopodichè entrambe ci guardiamo e pensiamo che ci sarà sicuramente una cosa che non dimenticheremo mai di questo incontro e che, certamente, non dimenticheranno neanche i tanti studenti presenti alla sua lezione: la passione per il suo lavoro, il suo volto pieno di gioia mentre ci racconta qualche aneddoto particolare o mentre ci spiega qualche dettaglio tecnico, insomma, la sua capacità di coinvolgimento, la sua voglia di raccontare la propria esperienza, il piacere di poterlo fare e di poter trasmettere e insegnare qualcosa. Ci voleva proprio un incontro del genere per non farci perdere le speranze e continuare a credere che un giorno forse, anche noi “potremmo farcela”.

Corriamo

-pubblicato maggio-

Corriamo

Corriamo, corriamo.
Verso dove o cosa non si sa, forse verso niente.
Corriamo per vivere,
corriamo per sopravvivere,
corriamo per dimenticare
ma non cancellando nulla dalla nostra memoria.
Corriamo e non sappiamo perché,
ipocriti e veri al tempo stesso.
Corriamo verso un futuro che mai avremo,
corriamo per essere ciò che vogliamo
ma alla fine saremo ciò che ci converrà essere
o ciò che converrà vedere agli altri.
Corriamo con le nostre incertezze e le nostre paure,
con la nostra sicurezza e i nostri sogni.
Corriamo verso l’ignoto e lo temiamo.
E continuiamo a correre
Fragili come bambini,
corriamo forti come un uomo sicuro nelle tenebre.
Corriamo perché vogliamo una vita nuova
Ma senza lasciare quella che già abbiamo.
Corriamo, corriamo e correremo
Ma un giorno ci fermeremo
E
accorgendoci della nostra inutile corsa,
forse ,
sentiremo di essere arrivati.

Una playlist per...iniziare l'estate di slancio!

-pubblicato maggio-

Bryan Adams: Summer Of '69Una canzone che già da sola parla di onde e spiagge, pronta a marchiarsi a fuoco nei ricordi dell'estate che verrà...
Beach Boys: Surfin' USAIn una playlist estiva non può mancare il gruppo estivo per eccellenza. Canzone già sentita miriadi di volte ma che non scade mai nel banale. Da gustarsi preferibilmente assieme ad un paio di drink in riva al mare.
Bob Marley and The Wailers: Positive VibrationsUna canzone rilassata e solare per accompagnare le calde sere d'estate a suon di buono e sano reggae...da gustarsi con gli amici e preferibilmente.....lasciamo perdere...
Blink 182: The Rock ShowPer ricordarci che d'estate è più facile per tutti fare i cazzoni!Genuina e perfetta per prepararsi all'atmosfera da ombrellone...
The Pipettes: Pull ShapesDisco del 2006 ma atmosfere tipiche degli anni '60, giusto per rievocare un pò le corse estive sulla Lambretta che vediamo ormai solo nei film...
Fall Out Boy: This Ain't The Scene...Dopo un intro quasi Disco, la band di chicago fa esplodere tutta la sua energia. Perfetta per una serata da bagordi a base di amici, ragazze e tanta birra!
Tommy Lee feat Benji Madden: TiredAlzi la mano chi almeno una volta non ha mollato la propria ragazza/o per l'avvicinarsi dell'estate e del clima olio abbronzante-chiappe al vento...questa la canzone per trovare le parole giuste!Marpioni...
Sugar Ray: When It's OverLa colonna sonora delle sette di sera...quando ormai in spiaggia non c'è quasi più nessuno e si crea quella luce pallida ed un pò malinconica che ci lascia lì, sognanti a guardare l'orizzonte...
The Offspring: Want You BadLa colonna ufficiale dei festoni da un centinaio di persone...sullo stile di quelli che vediamo in American Pie...e se poi ci scappa pure lo schiuma party come nel video...beh meglio!
QUESTO MESE SU
http://www.myspace.com/:Twisted Family: Se Non Vedo JahDal ponente ligure arriva questa band reggae davvero emozionante. 'Se Non Vedo Jah' è la canzone perfetta per risvegliarsi dopo una festa ben riuscita...magari con a fianco qualcuno di molto gradito...

Aggressione al circolo RainDogs

-pubblicato maggio-

Nella notte tra venerdì 30 e sabato 31 marzo al RainDogs di via Chiodo, nuovo circolo Arci del panorama savonese, si respirava aria di festa.
Era da poco finito un concerto jazz, e i musicisti si rilassavano tra il pubblico in un'atmosfera rilassata tipica di quei locali un po' fuori dagli schemi, quando un evento repentino come un fulmine a ciel sereno veniva a funestare quel clima.
Verso le prime ore del sabato, infatti, un gruppo di otto naziskin prendeva letteralmente d'assalto il circolo con lanci di pietre e bottiglie accompagnati da cori inneggianti al fascismo costringendo gli avventori del locale a barricarsi all'interno.
Dopo un quarto d'ora di insulti e intimidazioni, vissute con sgomento e un po' di paura da parte della gente all'interno, lo squadrone si allontanava indisturbato infierendo su alcuni segnali stradali durante la via di fuga.
A quasi un mese di distanza gli investigatori della digos fanno luce sull'episodio identificando i colpevoli, alcuni dei quali minorenni, in individui noti per le loro appartenenze a gruppi del tifo violento, provenienti non solo dal savonese ma da tutta la Liguria.
Secondo gli inquirenti l'aggressione è stata premeditata e pianificata alcuni giorni prima e la causa scatenante sarebbe una rivalità nata tra gli spalti di una partita di calcio, mettendo così in evidenza un punto di contatto tra ideologie politiche e tifo calcistico.
Gli otto sono indagati per danneggiamento aggravato, violenza privata e tentate lesioni.
Sembrerebbe la bravata sconsiderata di un gruppo di giovanissimi, violenti, un po' ignoranti se vogliamo, ma pur sempre ragazzini.
Ma l'aggravante della matrice politica del gesto dovrebbe invitare a riflettere.
E' preoccupante, infatti, che vi siano gruppi di giovani pronti a dimostrare il proprio dissenso con moti violenti inneggianti a un passato buio della storia d'Italia.
E, soprattutto, bisognerebbe interrogarsi sul fatto che purtroppo casi del genere ultimamente sono sempre più frequenti.
Francesco Maggi

Italia da scoprire: Perugia

-pubblicato maggio-

Italia da scoprire: Perugia
Si dice come l’Umbria sia il “cuore verde dell’Italia” e in effetti per raggiungere in treno la città di Perugia si attraversano colline e si intravede il lago Trasimeno, immerso nella natura. Si arriva poi alla stazione che rimane in basso, ai piedi della collina, occorre poi prendere un bus che tra mille curve porta fino alla parte antica della città, sulla sommità della collina. Da lassù il panorama è splendido, un tappeto ondulato verde che si perde in lontananza, punteggiato qua e là da paesi e chiese arroccate. È piacevole camminare per le strade del centro storico, è tutta una zona pedonale, le macchine e l’architettura moderna non sono arrivate tra queste costruzioni antiche in pietra, i bei palazzi storici, come il Palazzo dei Priori, la Fontana Maggiore ed la Cattedrale di San Lorenzo non sono stati intaccati dal secolo presente, e sembra di essere tornati indietro al tempo del rinascimento. Si può proporre un giro nella Galleria Nazionale dell'Umbria che si trova all’interno di uno dei più bei palazzi sulla via principale, in essa trova spazio un’importante collezione, la più completa della regione Umbria, che espone in sequenza cronologica e articolata per scuole la produzione di artisti operanti sul territorio dal XIII al XIX secolo. Il percorso inizia con la scultura duecentesca, testimoniata tra l'altro dalle cinque sculture di Arnolfo di Cambio, eseguite tra il 1278 e il 1281 per una scomparsa fontana pubblica. La pittura umbra prima dell'avvento di Giotto ha come protagonista il Maestro di S. Francesco (Croce, 1272); di grande rilievo anche il "dossale" di Vigoroso da Siena (1291).Tra le opere del '300, "Madonna col Bambino" di Duccio di Buoninsegna e il "polittico di Montelabate, firmato da Meo da Siena verso il 1317. Tra le grandi espressioni del rinascimento fiorentino, "il polittico di S. Domenico" del Beato Angelico e "il polittico di S. Antonio" di Piero della Francesca. Tra gli altri autori, assumono particolare rilievo nel percorso espositivo le opere del Perugino, tra le quali la "tavoletta" (1473) facente parte della cosiddetta nicchia di S. Bernardino e il "polittico di S. Agostino", capolavoro della maturità. Allievo del Perugino, il Pinturicchio è presente tra l'altro con l'imponente "pala di S. Maria dei Fossi" (1495-96).La pittura del '500 è documentata da autori locali come Domenico e Orazio Alfani, da Raffaellino del Colle e dal fiorentino Giovanbattista Naldini. Il Seicento vede come protagonisti Ventura Salimbeni (La Vergine col Bambino e S. Giovannino), Orazio Gentileschi (S. Cecilia che suona la spineta) e altri; per il Settecento sono esposte opere di Sebastiano Conca e Pierre Subleyras.
Dopo questo affascinante percorso nell’arte dei secoli scorsi passeggiando per le strade si possono incontrare moltissimi giovani, infatti Perugia ha una particolare vocazione universitaria, che fin dal XII secolo ha accolto studenti forestieri provenienti da tutta Europa. È presente una Università per Stranieri che mira a diffondere la lingua e la cultura italiana, sono poi presenti moltissime facoltà, (solo la facoltà di Ingegneria è un po’ decentrata, in mezzo alle colline) senza dimenticare il Conservatorio di Musica e l’Accademia di Belle Arti, che è una delle più antiche italiane. Da vedere è anche la città sotterranea, cui si può accedere liberamente tramite un sistema di scale mobili. Ci si lascia facilmente tentare dolcemente dal cioccolato esposto nelle vetrine delle pasticcerie del centro, che ha il suo massimo nella manifestazione “Eurochocolate”, cioè una rassegna internazionale dedicata al cioccolato, che trasforma la città in un’animata cioccolateria all’aperto, nel mese di ottobre. Si ricorda ancora l’appuntamento con “UmbriaJazz Festival” , una della principali manifestazioni d’Europa che per 10 giorni a Luglio propone un fitto calendario di concerti, oltre a sagre, feste e corse podistiche che riempiono tutti i mesi dell’anno. Una città che offre tante cose da fare e vedere!
Federica T.

Guida galattica per autostoppisti

-pubblicato maggio-

Guida galattica per autostoppisti: un film da vedere assolutamente!(a meno che non abbiate letto il libro)
Estremamente ed in un certo senso sorprendentemente fedele all'umorismo di
Douglas Adams, Guida galattica per autostoppisti è un film di fantascienza molto originale e soprattutto particolarmente divertente. Prodotto, in un certo senso, 'postdemenziale', è soprattutto un distillato colto ed ironico di tanto cinema e letteratura SFX. Il libro di Adams era, sulla carta, difficilissimo da rendere sul grande schermo per la sua costruzione brillante ed al tempo stesso caustica, ma raffinata. Prodotto da Jay Roach, lo stesso filmaker alle spalle di commedie come Ti presento i miei e Austin Powers, Guida galattica per autostoppisti mantiene la voce off del narratore (Stephen Fry, in originale...) per spiegare tutti gli insoliti e imprevedibili passaggi della trama. La storia vede protagonista Arthur Dent, un cittadino inglese qualunque che una brutta mattina scopre come la sua abitazione stia per essere abbattuta e lasciare dunque spazio ad una nuova autostrada. Per una strana coincidenza, questo è anche quello che accadrà alla Terra dopo un paio d'ore. I Vogon, degli alieni enormi e burocraticamente ritardati, senza pietà, demoliscono l'intero pianeta per fare posto a un'autostrada (spaziale). Fortunatamente per Arthur, il suo migliore amico non è un terrestre qualsiasi, ma un alieno in incognito che lavora per la mitica Guida galattica per autostoppisti. L'inseparabile Bibbia di qualsiasi essere voglia andarsene a spasso per l'universo. Dopo una rocambolesca fuga dal pianeta solo qualche secondo prima che diventi polvere cosmica, i due amici finiranno prima su un'astronave Vogon, poi su quella dello scioperato (e vanitoso) Presidente della Galassia Zaphod Beeblebrox che, oltretutto, qualche sera prima aveva rimorchiato a una festa Trisha, una ragazza che Arthur aveva conosciuto prima e di cui si era invaghito, ma a causa del suo poco spirito d’avventura la ragazza si era fatta immediatamente affascinare dall’idea di viaggiare sull’astronave del Presidente e aveva lasciato su due piedi Arthur. L'astronave di Zaphod e Trisha McMillian che si fa chiamare Trillian, è rubata. I Vogon li inseguono e a bordo del gioiello di tecnologia c'è anche Marvin, un avanzatissimo robot con una grande personalità e un'iperbolica crisi depressiva che in inglese ha la voce di Alan Rickman. Perché questa lunga fuga? Per cercare la domanda fondamentale alla risposta data dal Supercomputer Pensiero Profondo (Helen Mirren, in inglese) più di sette milioni di anni prima: "42". Cosa significhi questo numero nessuno lo sa, ma la risposta potrebbe spiegare il senso dell'intero universo. E' così che i cinque personaggi (per non parlare di due topolini bianchi clandestini...) si imbarcheranno in un'Odissea spaziale con pochi precedenti e punti di contatto con il passato. Un viaggio cosmico paradossale e pieno di pericoli che il male assortito gruppo di autostoppisti galattici porterà a compimento nella maniera più sgangherata a imprevedibile possibile: a contatto con creatori di mondi, alieni che hanno inventato prima il deodorante e poi la ruota, topi che hanno commissionato la costruzione del pianeta Terra. Tutti gli ingredienti dell'esilarante romanzo di Adams che si ritrovano in un film dalla matrice fortemente ironica e volutamente insolita.Certo, non tutti potranno essere soddisfatti dell'adattamento del libro di culto scritto da Adams. Eppure, oltre alla consapevolezza che non tutti possono essere soddisfatti, bisogna pensare a quanto stia stato complicato adattare un romanzo come questo.Quello che è più importante è come la produzione abbia saputo conservare lo spirito di Adams cui il film è dedicato e soprattutto le regole dell'universo dal lui descritto nella guida galattica. Un plauso va anche alla versione italiana il cui doppiaggio è stato curato da Roberto Morville di Buena Vista: oltre all'esilarante canzone dei delfini che apre il film, un momento di pura genialità è dato dal monologo della balena che cade sul pianeta, la cui voce appartiene ad uno straordinario Daniele Formica. Un momento di comicità pura perfettamente in linea con lo spirito del romanzo e del film. Pur non risultando né straordinario, né tantomeno indimenticabile, Guida galattica per autostoppisti è una perfetta trasposizione dell'anima del libro e soprattutto delle caratteristiche dei suoi personaggi. Sebbene possa risultare, in alcuni momenti, eccessivamente accentuato l'elemento demenziale, Guida galattica per autostoppisti resta un lungometraggio molto piacevole, originale e divertente. Ma sopratttutto una grande dichiarazione d'amore nei confronti della fantascienza cinematografica e non solo, interpretata da un gruppo di attori perfetti nel misurarsi con i personaggi creati da quel talento indimenticabile di Douglas Adams.
F.M.