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Simone Trimarchi

martedì 29 gennaio 2008

LA CADUTA DEL GOVERNO PRODI


Il primo mese del 2008 è stato pessimo e sembra annunciare un anno altrettanto difficile sia in campo internazionale (a causa della crisi economica negli Stati Uniti), che in quello nazionale. Su quest’ultimo fronte c’è da fare un lungo elenco, partendo dalla cattiva gestione dei rifiuti a Napoli, alle polemiche sul mancato intervento del Papa all’Università della Sapienza (situazione che la chiesa ha affrontato perfettamente dal punto di vista mediatico, ma altrettanto ipocritamente per quanto riguarda la realtà dei fatti), arrivando fino a Totò Cuffaro, il presidente della Sicilia, che dopo la sua condanna a cinque anni di carcere per favoreggiamento ad alcuni boss mafiosi, invece di abbondare immediatamente la carica, festeggia distribuendo cannoli siciliani, salvo poi annunciare le sue dimissioni una settimana dopo la sentenza e dopo costanti pressioni da parte di alcuni partiti.
Il culmine di tutto ciò è avvenuto Giovedì 24 Gennaio, quando il governo Prodi è caduto per mano di alcuni senatori.
Sul comportamento di alcuni parlamentari che hanno sputato, brindato, mangiato mortadella e insultato altri colleghi non oso commentare, perché troverei parole talmente offensive da rischiare di abbassarmi al loro bassissimo livello.
La gravità di tutta la vicenda non sta tanto nella crisi in se, ma piuttosto nei motivi che hanno spinto a portarla avanti.
Tutto è cominciato con i guai con la magistratura che aveva la famiglia Mastella e altri componenti del partito di quest’ultimo (l’Udeur). All’inizio Clemente Mastella si è dimesso da Ministro della Giustizia, poi ha dichiarato l’appoggio esterno e, infine, Lunedì 21 Gennaio, in una conferenza stampa, ha dichiarato di voler uscire dalla maggioranza e togliere la fiducia a Prodi perché ritiene che il Partito Democratico (quello di cui Prodi è uno dei fondatori) non ha mostrato abbastanza solidarietà nei suoi confronti.
Come tutti sanno la maggioranza del governo al Senato era a dir poco esigua e, quindi, anche un partitino minuscolo come l’Udeur risultava necessario e fondamentale per non far cadere l’esecutivo.
Il governo Prodi, a mio parere, non ha ottenuto grandi risultanti, anzi, ha tradito molte speranze dei cittadini che l’hanno votato; infatti il protocollo sul welfare non ha migliorato neanche di un po’ la situazione dei precari; l’innalzamento dell’età pensionabile è rimasta più o meno la stessa, solo che più plasmata nel tempo; le missioni militari di “pace” (già una contraddizione in termine) sono rimaste in Afghanistan, si sono tolte in Iraq (unica cosa positiva), ma sono state aggiunte in modo sproporzionato e irrazionale in Libano; altre sono le cose che non sono riusciti a fare (i Dico). Se il governo fosse caduto per uno di questi motivi avrei potuto comprendere, se non approvare.
Purtroppo, l’esecutivo è entrato in crisi per dei motivi di fatto personali che hanno poco a che fare con la politica o comunque con le azioni di governo.
Molti esponenti politici, ritengono che i problemi giudiziari di Mastella sono stati solamente una scusa per far cadere l’esecutivo e che i motivi reali risultano ben altri, accumulati tutti in questi due anni. Anche se avessero ragione, risulta comunque scandaloso che si usi un pretesto così povero e squallido per gettare scompiglio in una situazione politica già instabile di suo. Se il Senatore Mastella non era d’accordo neanche in minima parte su ciò che Prodi stava eseguendo in questi mesi, perché non l’ha fatto cadere prima? Perché ha scelto un momento così delicato per far cadere il governo? Non sarebbe forse stato più dignitoso mettere in crisi la maggioranza su questioni politiche un po’ più importanti, invece di usare le sue faccende personali da squallido teatrino tragicomico fatto di raccomandazioni a destra e a manca?
A queste domande si attendono risposte che sicuramente non arriveranno mai.
Speriamo che il 2008 non continui così, ma sinceramente non ho molte speranze, visto il comportamento della maggioranza della nostra classe politica.

giovedì 17 gennaio 2008

COUS COUS


Regia: Abdellatif Kechiche
Cast: Habib Boufares, Hafsia Herzi
Produzione: Francia
Genere: Drammatico

All’ultima mostra del cinema di Venezia il film più apprezzato dal pubblico e dalla critica è stato “Cous Cous”, tant’è che tutti lo consideravano il favorito per il Leone d’Oro. Le cose andarono diversamente, in quanto il premio principale andò, con qualche sacrosanta polemica successiva, alla discreta pellicola di Ang Lee “Lussuria”, mentre il lavoro di Kechiche conquistò “solo” il Premio della Giuria (a pari merito con “Io non sono qui”) e il Premio Mastroianni per l’attrice rivelazione Hafsia Herzi.
“Le Graine et le Mule” (questo il titolo originale) racconta la storia di un emigrato arabo in Francia di circa sessant’anni che lavora da più di tre decenni al porto di Sète come riparatore di barche e che un giorno viene licenziato perché non ha più la forza e la velocità di una volta. Beniji, questo il suo nome, non si arrende, così con l’aiuto della sua vecchia e nuova famiglia (è divorziato dalla moglie e compagno di una nuova donna) costruisce sulla sua vecchia barca un ristorante specializzato in CousCous. Le cose, però, non saranno facili…
Nonostante una storia molto semplice e quasi banale, l’abile regista Kechiche riesce a costruire un film molto bello e intenso, che affronta con profondità temi importanti e di stretta attualità, come la precarietà, la crisi economica, l’emigrazione, l’integrazione e la famiglia.
Molti critici hanno notato in quest’opera la grande forza delle donne, la loro capacità di decisione e di leadership, ma in realtà il personaggio che rimane più impresso negli spettatori risulta indubbiamente il protagonista, che nonostante il suo carattere mite, i suoi modi silenziosi, la sua pazienza e la sua disponibilità ad ascoltare le lamentele dei vari componenti delle sue famiglie, dimostra nei momenti di grande difficoltà la sua forza d’animo e determinazione, una persona che guarda in faccia alla realtà ma che non perde il coraggio di sognare e di risollevarsi.
Pur con uno stile completamente diverso, l’opera in questione ricorda vagamente i film di Frank Capra degli anni ‘30/’40; infatti anche i personaggi di quelle storie tentavano di risollevarsi da una situazione personale e sociale molto critica; solo che nelle pellicole del celebre regista americano tutto finiva per il meglio, mentre “Cous Cous” non si conclude con il classico happy end, ma piuttosto con un finale aperto, che lascia il pubblico abbastanza libero di trarne le sue ipotesi e interpretazioni.
La durata della pellicola (circa due ore e mezza) non si sente eccessivamente, se non all’inizio, quando alcuni dialoghi sembrano francamente interminabili, ma Kechiche, grazie alla sua buona regia, a dei bravissimi attori (tra l’altro non professionisti) e a un'ottima sceneggiatura, riesce, man mano che l’opera va avanti, ad aumentare il ritmo e la tensione, coinvolgendo sempre di più gli spettatori.
In conclusione, questo è un film che mi sento di consigliare a tutti, non solo per la sua grande qualità artistica, ma anche per chi vuole vedere una pellicola distante anni luce dai classici blockbuster americani o dalle solite commedie italiane, un’opera che non ha bisogno di effetti speciali o di battute volgari per emozionare il pubblico, ma che si basa soprattutto sulle idee e su una solo apparente semplicità. In giro di film così non se ne vedono molti, questa quindi è un’occasione da non perdere.

venerdì 4 gennaio 2008

EFFETTO NOTTE

E’ da un po’ di anni che al cinema “America” di Genova si tiene ogni Giovedì, sia in autunno che in primavera, una rassegna di film chiamata “Effetto notte”. Questa viene organizzata da un gruppo di giovani appassionati di cinema, che hanno deciso di proiettare film spaziando dal passato al presente, dando pellicole sia americane, che europee e giapponesi, a volte in lingua originale con sottotitoli, altre volte con il doppiaggio. Alla fine della proiezione nessuna discussione ufficiale, ma piuttosto un rinfresco con varie cose da mangiare e da bere. Ciò che sorprende sempre è vedere ogni Giovedì sera il pubblico, da quello più giovane a quello più anziano, fare la coda per andare in sala, e non solo quando ci sono opere comiche o americane, ma anche quando vengono proiettati film seri e praticamente sconosciuti. Con questa rassegna sembra rinata la voglia di andare al cinema, di stare a guardare dei film tutti insieme.
Grazie a questa rassegna sono riuscito a vedere per la prima volta pellicole come “Il sorpasso” di Dino Risi, “Che?” di Roman Polanski, “Othello” di Orson Welles, “Come in uno specchio” di Ingmar Bergman, “Rashomon” di Akira Kurosawa ecc.
Purtroppo questo autunno gli organizzatori hanno deciso di iniziare più tardi e per una sola grande serata (i motivi di ciò verranno chiariti durante l’intervista) in cui vengono proiettati ben quattro film. Con quest’evento, avvenuto Giovedì 29 Novembre 2007, ho colto l’occasione per porre qualche domanda ad alcuni responsabili, chiedendo loro sia cose specifiche sulla rassegna, sia qualche loro opinione sul cinema d’oggi in generale. Un po’ per caso (e un po’ per desiderio) ho intervistato due degli organizzatori, più precisamente Pier Paolo e Lorenzo.

Intervista a Pier Paolo:

Com’è nata l’idea di “Effetto notte”?
“E’ nata nel 2001, ormai sono sette anni. Dall’idea di alcuni amici amanti del cinema, che volevano proporre il cinema per se stessi e per un eventuale pubblico che all’epoca non c’era ancora e che si è formato negli anni. Quindi per un'emergenza nostra, per vedere un certo tipo di cinema in un certo modo.”
Con quale criterio scegliete i film?
“Noi siamo in dieci e ognuno ha dei gusti personali che possono andare bene o meno bene rispetto a quello che il pubblico vuol vedere. Quindi in base alle nostre scelte, di ogni singolo componente, si sceglie una rassegna che va incontro ai nostri gusti sapendo anche cosa può piacere al pubblico.”
Seguite una linea tematica?
“No, una linea tematica no. Diciamo che peschiamo nel cinema di una certa epoca, che va dagli anni ‘50 agli anni ’70, però possiamo anche uscirne, non abbiamo confini.”
Prima hai detto che volete proporre il cinema in un certo modo. Qual è quindi questo modo?
“Vogliamo proporre il cinema in un modo più allegro, anche quando il film è serio, con dei rinfreschi finali, abbandonato un po’ la vecchia idea del cineforum.”
E’ facile trovare le pellicole?
“No, non è facile, anzi, è molto difficile.”
Il nome “Effetto notte” è un omaggio al famoso film di Truffaut?
“E’ un omaggio al film di Truffaut. I film francesi della Nouvelle Vague sono quasi sempre presenti nella nostra rassegna, però il nome che abbiamo scelto è anche un omaggio al vivere la notte, allo stare insieme con cultura.”
La vostra rassegna ha avuto successo da subito o c’è voluto un po’ di tempo?
“C’è voluto un po’ di tempo e un po’ di lavoro. In due anni abbiamo costruito questa fortuna.”
Ci sono state alcune critiche alla vostra rassegna?
“No, almeno non critiche negative, piuttosto critiche costruttive, di qualche nostro spettatore affezionato che ci propone dei film, c’è ne boccia alcuni, ma come rassegna non ne abbiamo ricevute.”
Qual è stata la serie di film più apprezzata?
“I Monthy Pynton e i film francesi, che sono una garanzia.”
Il vostro gruppo è mutato nel corso degli anni o è rimasto sempre lo stesso?
“Ci sono delle persone che sono rimaste dall’inizio, però alcune se ne sono andate, è rimasto un nucleo a cui molte persone si sono unite.”
Raccontaci un episodio che ti è rimasto impresso in questi anni.
“Posso ricordare i canti lirici di uno dei nostri membri, che durante l’entrata del pubblico cantò aree liriche con una buona voce da cantante d’opera che allietò l’ingresso in sala e poi le mille volte in cui si può rompere la pellicola che per me è sempre una tragedia.”
Con la vostra rassegna sembra rinata la voglia di andare al cinema. Cosa ne pensi della possibilità di scaricare film da Internet?
“Credo che, come la musica, sia una cosa bella dal punto di vista individuale ma che necessita di una regolamentazione dura, nel senso che uno può accedere alla fruizione semplice, ma deve dare qualcosa in cambio, non può essere totalmente gratuita, in quanto molte persone nel fare della musica e del cinema ci mettono il loro impegno e il loro ingegno. Inoltre rischia di morire l’aggregazione.”
Una buona parte del pubblico di “Effetto notte” è composto da giovani. Secondo te com’è il rapporto tra i giovani e il cinema?
“Secondo me c’è un buon rapporto tra i giovani che hanno attenzione e il cinema. Lo dimostra Effetto notte ma anche molti film che vengono prodotti da registi giovani, girati con attori giovani e proposti a un pubblico giovane. A parte quelli di cassetta, c’è un fermento nel mondo del cinema italiano, che poi venga percepito o meno dall’establishment è un altro discorso.”
Nella vostra rassegna molti film vengono proiettati in lingua originale. Cosa ne pensi del doppiaggio?
“Sono favorevole per nascita, nel senso che sono cresciuto con il doppiaggio, sono convinto che il doppiaggio italiano sia ottimo, e quindi nonostante le polemiche, sono affezionatissimo.”
Avete mai pensato di invitare un critico cinematografico?
“No, un critico no, perché noi siamo un movimento che pensa che una persona possa essere il critico di se stesso nella sua visione del film, quindi non c’è bisogno di nessun’altro che ti interpreti la pellicola.”
Come mai quest’anno avete cominciato più tardi e per una sola serata?
“Quest’anno abbiamo deciso per nostri motivi interni di provare a fare un evento e di farne altri, ma di fare degli eventi, non una rassegna classica, nella nostra idea come sempre di sperimentare cose nuove.”
Per le prossime volte avete già in mente qualche cosa?
“Dal punto di vista film no, perché vengono decisi all’ultimo, però sicuramente faremo altri eventi di questo tipo, eventi a spot, grossi, con tanti film, molta pubblicità e concentrati su una o più serate. Per adesso abbiamo deciso di uscire dal classicismo. La prossima serata dovrebbe esserci per la fine di Gennaio o gli inizi di Febbraio. ”

Intervista a Lorenzo:

Nella vostra rassegna avete proiettato anche alcuni film tedeschi, ne darete ancora?
“Nella nostra rassegna abbiamo dato diversi film tedeschi, di registi come Lang, Herzog e Fassbinder. Si daranno presto anche alcuni film di Wenders, che è un regista dalla brutta fama, in quanto considerato noioso. Per quanto mi riguarda apprezzo i primi e gli ultimi film della sua carriera, non quelli di mezzo, che ritengo pesanti. Tra i film tedeschi vorremo dare il primo o, con maggiore probabilità, il secondo Heimat, che, dal momento che dura 25 ore, lo proietteremo in più o meno 4 serate.”
Cosa ne pensi dell’attuale cinema tedesco?
“I film che arrivano da noi piacciono molto al grande pubblico, ma non sono niente di particolare. Ritengo inoltre che attualmente non ci sia alcuna scuola di tendenza in questa cinematografia.”
Nella vostra rassegna sono stati proiettati molti film in bianco e nero. Oggi in televisione vengono dati film in versione colorizzata, cosa ne pensi di questo fenomeno?
“Ritengo che questo fenomeno sia una cagata. In generale il fatto che un film sia a colori o in b/n non ne pregiudica la qualità, anche se devo dire che oggi sono più a favore del colore, in quanto il bianco e nero ha esaurito il suo tempo, oggi c’è il colore e deve essere utilizzato questo. Il b/n va utilizzato solo se strettamente funzionante al significato della pellicola. Lo sbaglio commesso da alcuni registi di oggi è quello di ritenere che il bianco e nero dia di per se al film un' aura intellettuale, ma non è così. Utilizzato in questo modo il b/n rischia di diventare un vezzo estetico.”
Come vedi la situazione del cinema degli ultimi anni?
“Il cinema di oggi è soltanto puro intrattenimento. A tutto c’è un inizio e c’è una fine, e questo vale anche per il cinema, che secondo me è finito. Anche noi di Effetto Notte facciamo questa rassegna quasi come se fosse una sorta di museo.”
Quindi il cinema è morto?
“Il cinema non è morto perché c’è, è presente. Piuttosto è lo spettatore che è morto, è lo spettatore che non c’è più.”
Molti dei film che date alla vostra rassegna non sono conosciuti al grande pubblico, ma piuttosto ad una cerchia di appassionati. Secondo te di chi è il compito di divulgare anche i film meno commerciali?
“Di nessuno in particolare. Oggi il cinema si è spaccato tra quello commerciale e quello d’essai. Inoltre il 90% dei film d’essai è inutile, pochissimi autori si salvano, tra cui Kaurismaki, Loach, che fa un cinema politico coerente e degno di rispetto, Sorrentino, di cui si attende il suo prossimo film Il divo, Eastwood, l’ultimo dei registi classici, Cronemberg, di cui consiglio La promessa dell’assassino e Van Sant, di cui consiglio Paranoid Park.”

giovedì 3 gennaio 2008

Arhat Teatro





Giovedì 13 Dicembre il Prof. Pellerey ha invitato il gruppo dell'Arhat Teatro per una dimostrazione pratica del training che sta dietro ad ogni loro spettacolo.
Pierluigi Castelli e Samuele Farina, fondatori del gruppo stesso nel 2005, rispettivamente come insegnante e allievo, hanno intrattenuto i presenti con dimostrazioni pratiche che gli studenti avevano studiato solo sui libri, chiarendo loro le idee.
In mattinata Pierluigi Castelli ha raccontato alcuni episodi della sua vita legati a quello che poi sarebbe diventato il suo mondo; ha parlato dell'istruzione nelle scuole, del ruolo del formatore, del gruppo teatrale Daidalos da lui diretto, della collaborazione con il Teatro Tascabile di Bergamo e di spettacoli teatrali ai quali ha assistito, uno in particolare: “L'incontro con l'Odin mi ha cambiato la vita, è stata l'esperienza più straordinaria e lo penso ancora dopo trent'anni. Durante quello spettacolo quelle otto persone, quegli otto corpi mi hanno rovesciato addosso una valanga di emozioni e parole di cui non capivo nulla: solo dopo ho scoperto che parlavano una lingua indios antica”. Nel pomeriggio Castelli ha chiesto a Samuele di dare dimostrazioni pratiche di ciò che spiegava a voce, mostrando tutte le varie fasi del training e permettendo così a coloro che assistevano di farsi un'idea più precisa del Terzo Teatro. Dopo aver chiarito vari concetti, ha illustrato l'importanza della concentrazione e la sintonia che deve esserci fra corpo e mente, in particolare durante gli esercizi di acrobatica (menzionando il libro “Tracce” di Roberta Carreri nel quale l'attrice affermava che durante quegli esercizi il pavimento era il suo maestro) , il “normale” in rapporto alla recitazione e il rapporto dell'attore con lo spazio e la scena.
In conclusione hanno mostrato una scena dello spettacolo “Ararat”interpretato da Samuele e diretto da Pierluigi che hanno presentato in prima nazionale al Teatro Tascabile di Bergamo. Lo spettacolo tratta della storia del diluvio universale intrecciato ad un mito babilonese e al racconto di uno sciamano. La scena riproduce un' arca all'interno della quale gli attori recitano e il pubblico assiste, ma in questo caso si è svolto nello spazio messo a disposizione dalla biblioteca dell'università.
L'intera giornata è stata interessante e appassionante e questo è dimostrato da coloro che si sono intrattenuti ad ascoltare le spiegazioni di Castelli e a osservare lo spettacolo di Farina anche oltre l'ora programmata.
Sonia Bosio e Alice Corsi