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Simone Trimarchi

martedì 22 maggio 2007

“ComunicAzione al Campus”

-Intervista a Duccio Forzano-
-pubblicato maggio-

“La regia è il vestito del programma. Perché, vedi…la televisione è luce. Quando sono arrivato da Fabio gli ho detto: io la scenografia la voglio grigia, e mi hanno risposto: ma è triste?...lo so che è triste, ma poi la faccio diventare allegra io…perché, ogni ospite avrà la sua connotazione; infatti, i cambi di luce sono un momento di spettacolo che durano un secondo, ma sono una magia che puoi fare solo se progetti quella cosa, non puoi improvvisare. Se venite in studio nel momento in cui ci sono le luci di servizio, la scenografia è tristissima, non c’è niente, in realtà è vestita dalla luce”.
Così, Duccio Forzano, regista di “Che tempo che fa” e uno dei migliori registi televisivi italiani, descrive il suo lavoro, sottolineando soprattutto l’importanza della luce all’interno di un programma, ma anche dell’impatto visivo che questo deve avere sul telespettatore; caratteristica che cerca sempre di non far mancare ai suoi spettacoli.
Il famoso regista, già a Savona da una settimana, in occasione del Master in Programmazione e Produzione Radiofonica e Televisiva ha, infatti, tenuto giovedì 19 aprile, un incontro pubblico nella Palazzina Branca della Spes, inaugurando così, “ComunicAzione al Campus”: una serie di incontri con importanti personaggi del mondo della comunicazione che, nei prossimi giorni, avranno luogo qui a Savona. Noi del giornalino abbiamo avuto il piacere di intervistarlo e non abbiamo perso l’occasione per farci svelare qualche curiosità e qualche trucco in più riguardo ai suoi programmi e, soprattutto al suo lavoro di regista.
La curiosità era davvero tanta, saremmo rimasti a parlare di televisione e regia per delle ore, ma evidentemente questo non era possibile, così ci siamo accontentate di qualche domanda.
Francesca rompe subito il ghiaccio chiedendo qual’ è il ruolo della regia in un programma fondamentalmente statico, come il talk show di Fabio Fazio e Forzano non se lo fa ripetere due volte, cominciando a farci notare quanto in questo caso sia fondamentale il “tocco del regista” e quanto in certe situazioni, possa essere più importante un piano d’ascolto, piuttosto che una parola. “Nel caso di Fabio Fazio, la difficoltà vera è ascoltare, anticipare, cercare di aiutarlo ad entrare, magari anche ad interrompere a gamba tesa rispetto al suo ospite…sono dettagli che, però, fanno sì che quando vedi l’intervista godi molto di più, è più fluida, funziona di più”. Questo vuol dire che il regista non è solo un esecutore di ciò che scrivono gli autori, non si deve limitare a riprendere quello che accade in studio, ma deve metterci del suo, deve raccontare, soprattutto per le persone che stanno a casa, perché, in realtà, in quel momento è lui che decide cosa deve vedere il pubblico.
Incuriosite dai racconti di Forzano, gli domandiamo se un regista può incontrare delle difficoltà nel momento in cui accetta di occuparsi di un programma; ovvero quanto si sente, e soprattutto, quanto ha la possibilità di cambiarlo, di lasciare la propria firma. Molti sono i problemi che si possono incontrare, e che Forzano ha incontrato, dopo averci raccontato qualche aneddoto, ci dice:“Ho trovato la strada migliore per portare a casa un progetto: sono sceso a compromessi…non è vero che non bisogna scendere a compromessi…certo, ad un certo tipo di compromessi…però bisogna cercare di capire anche chi sta dall’altra parte”. Questo è stato il suo consiglio: nel momento in cui si porta avanti un progetto, è bene non perderne mai di vista l’importanza, non smettere mai di credere in quello che si fa ed aspettare il momento giusto per proporlo e per portarlo avanti.
Tra una chiacchierata e l’altra, è già passato un quarto d’ora, ed è arrivato il momento dei saluti; io e Francesca usciamo dall’aula insieme a Forzano, e ci salutiamo con la promessa di non perdere i contatti e di continuare a sentirci, dopodichè entrambe ci guardiamo e pensiamo che ci sarà sicuramente una cosa che non dimenticheremo mai di questo incontro e che, certamente, non dimenticheranno neanche i tanti studenti presenti alla sua lezione: la passione per il suo lavoro, il suo volto pieno di gioia mentre ci racconta qualche aneddoto particolare o mentre ci spiega qualche dettaglio tecnico, insomma, la sua capacità di coinvolgimento, la sua voglia di raccontare la propria esperienza, il piacere di poterlo fare e di poter trasmettere e insegnare qualcosa. Ci voleva proprio un incontro del genere per non farci perdere le speranze e continuare a credere che un giorno forse, anche noi “potremmo farcela”.

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