Benvenuto

Benvenuti sul Blog del VVR!

La versione online del giornale del Campus Universitario di Savona



A volte ritornano...

Dopo alcuni mesi di inattività dovuta a qualche problema tecnico e qualcun'altro più spinoso di genere burocratico, eccoci tornati ad animare la vita al Campus con i nostri frizzanti articoli!

Attualità, eventi, cronaca, politica e poesia torneranno sotto ai vostri banchi per aiutarvi a passare indenni interminabili ore noiosissime di lezione!

VVR è il giornale di chi, come voi, vive con passione l'esperienza universitaria al Campus.

Seguiteci... Non ne rimarrete delusi!

Simone Trimarchi

giovedì 24 maggio 2007

Digitale si, digitale no..


Sono ormai quasi dieci anni che l’uomo conosce il digitale applicato alla musica… quasi dieci anni che la musica viene visualizzata in maniera elettronica grazie ad interfacce e a dispositivi hardware e software, spesso paradossalmente “non suonata”, sempre e comunque “aggiustata” dalla grande “officina digitale”.
Sono ormai preistoria i grandi e ingombranti registratori magnetici a nastro che venivano impiegati negli immensi studi di registrazione; simili come principio ai vecchi impianti a cassettina, per altro molto di moda oggi sui banchetti di fiere di modernariato e roba vintage, permettevano di registrare su supporto, si diceva, magnetico tutto il lavoro del musicista. Pizze di nastro, sorelle delle omonime impiegate in ambito cinematografico, che implicavano tempo, fatica e denaro, che scaldavano il suono tramite la valvola, che riproducevano l’esecuzione umana fedele. La musica era d’elite, non per tutti. I dischi erano un concentrato di co-operazione di produttori, direttori di studio, tecnici del suono, assistenti e non ultimi per importanza – i musicisti. I dischi venivano “vissuti”. Le produzioni non erano ancora gestite dalle multinazionali della musica, sponsor e televisioni commerciali; gli artisti che registravano venivano considerati dei veri e propri canta-autori.
Poi, piano piano, le cose hanno iniziato a prendere una via diversa.
La combinazione dell’informatica e dell’elettronica si è incontrata con la musica, nel senso più largo del suo significato. Programmi super professionali che distruggono gli schemi fin qua gestiti: il produttore, il tecnico del suono, l’arrangiatore si fondono in un tutt’uno – te stesso. Chiunque, grazie al digitale, diventa produttore della propria “robaccia” suonata – non si ha più bisogno di un’orchestra per suonare, il burattinaio della melodia diventa colui che sta davanti allo schermo.
Ovviamente il vile denaro entra in gioco, e come al solito, non poco; nel senso che non è proprio che tutti tutti ora possano fare musica allo stesso modo. La competizione in ambito musico-digitale è alta, la concorrenza è spietata. I programmi migliori supportano ovviamente interfacce e componenti informatiche dalle qualità eccellenti e di conseguenza dal costo a volte un po’ alto. Gli studi di registrazione moderni e migliori arrivano ad investire tranquillamente alcuni miliardi delle vecchie lire in computer, casse, amplificatori e mixer tutti gestiti da una “scheda audio” esterna, che raccoglie tutto al suo interno in questa scatola nera fatta di bit, ricreando la magia della musica. Schede audio ormai ce ne sono di tutti i tipi, gusti e dimensioni: ce ne sono alcune specifiche per un determinato tipo di suono, altre che puntano a mercati cosiddetti di nicchia, lasciando un impronta ben precisa sul genere di sound riproposto. In casa, ognuno, con non troppi euro, può dilettarsi a piacere davanti al monitor e davanti a questi “giochini” di una fedeltà impressionante, può comporre e stravolgere ciò che più vuole in ambito musicale – diventa direttore d’orchestra di se stesso, cantautore digitale. Un po’ come funziona per la fotografia digitale o per il video digitale, con i loro programmi annessi.
Cosa attende, dunque, al mondo dei musicisti? A che cosa va incontro tutto l’universo musica? Queste le due grandi domande che pone il sottoscritto e alle quali risposta non trova… che l’audio-digitale possa cambiare così tanto la musica da renderla una cosa sintetica, asettica e priva di ogni significato? Come farà a spiccare un genere musicale o un nuovo fenomeno commerciale o un nuovo movimento associato ad un determinato suono? ... in quest’era del digitale, dove tutti fan tutto … ma solo pochi lo fanno bene…

Stefano Pecchio

Nessun commento: