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Simone Trimarchi

venerdì 23 maggio 2008

Il "miracolo" italiano




Il 13 e il 14 Aprile 2008 si sono tenute le elezioni politiche, dopo solo due anni di governo Prodi. La situazione, rispetto a quella del 2006, è molto cambiata, in Il “miracolo” Italiano quanto i candidati premier sono stati 14, di cui solo quattro potevano avere una buona rilevanza elettorale, ovvero Silvio Berlusconi (PDL, Lega Nord, MPA), Walter Veltroni (PD, Italia dei Valori), Fausto Bertinotti (La sinistra l’arcobaleno), Pier Ferdinando Casini (Unione di Centro). I primi due leader avevano grandi possibilità di salire a Palazzo Chigi, mentre gli altri due potevano più che altro rappresentare una buona opposizione parlamentare.Come i sondaggi prevedevano, la coalizione guidata da Berlusconi ha vinto le elezioni e, un po’ a sorpresa, con una fortissima distanza sia alla Camera che al Senato dal suo principale contendente. Il candidato premier del PDL negli ultimi giorni di campagna elettorale ha delirato completamente, facendo dichiarazioni oggettivamente idiote e offensive sui precari (dicendo ad una ragazza di sposarsi un milionario), sul Presidente della Repubblica (valutando la possibilità di sue dimissioni dopo le elezioni) e sui magistrati (proponendo di fargli dei test per verificare la loro salute mentale), quasi tutte smentite il giorno dopo. E’ altamente probabile che data la veneranda età, Berlusconi abbia avuto un attacco di Alzhaimer al giorno, peccato solo che non abbia mai dimenticato di essere lui il candidato presidente, sarebbe stato bello il contrario. Anche il Ku Klux Klan del nord d’Italia (la Lega) ha regalato agli italiani delle performance a dir poco tragicomiche, tra cui il manifesto dell’Indiano e le varie affermazioni di Bossi, che minacciava continuamente di imbracciare i fucili nel caso di sconfitta. Le liste del Popolo della Libertà avevano al loro interno, oltre ai soliti personaggi, delle persone dichiaratamente nostalgiche del fascismo come la Mussolini e Ciarrapico, facendo diventare il PDL non un partito conservatore di stampo europeo, ma piuttosto una lista di destra quasi estrema, alleata, tra l’altro, con degli xenofobi che rappresentano la più grande vergogna per questo Paese. Uscita sconfitta, ma solida, è stata la coalizione di centro-sinistra, formata dal Partito Democratico e dall’Italia dei Valori. Mentre quest’ultimo partito è rimasto più o meno fedele ai suoi ideali, il PD è diventato sempre più moderato, facendo scomparire quasi del tutto dichiarazioni di sinistra. Purtroppo questo confluire al centro non si è attuato soltanto nelle affermazioni, ma anche e soprattutto negli atti politici, primi fra tutti la rottura con la Sinistra L’Arcobaleno e la composizione delle liste. Quest’ultima è stata la parte più bassa di tutta la campagna elettorale veltroniana, in quanto l’ex sindaco di Roma ha preparato un minestrone a dir poco indigesto, mettendo insieme l’operaio della Thyssen con l’imprenditore di destra Calearo, la radicale e anticlericale Bonino con la teodem Binetti, l’ex presidente dei giovani di confindustria Matteo Colannino con la precaria. Il vicesegretario del partito Franceschini, per giustificare queste liste, ha spiegato che un grande partito deve rispecchiare il paese. Forse il vice di Veltroni non sa che un partito è per sua stessa definizione di parte e, che, di conseguenza, non gli spetta il compito di rappresentare tutto e tutti, ma piuttosto una sola fetta del paese. Chi ha invece questa “missione” è il Parlamento, che attraverso i vari partiti che lo compongono, può contenere tutte le anime e le opinioni del paese. La realtà è che Veltroni ha voluto rompere con la sinistra, per attuare una politica di centro, che accontenti soprattutto i poteri forti, italiani ed esteri. Lo si vede d’altronde nel suo programma di governo, che in molti aspetti è simile, se non identico, a quello del PDL. Infatti, sia l’uno che l’altro vogliono fare la Tav, entrambi hanno intenzione di continuare a finanziare e, probabilmente, di aumentare le spese per le missioni di “pace” con carri armati e fucili in Afghanistan, tutti e due manterranno la legge Biagi sulla precarietà, entrambi reallizeranno l’ampiamento della base Usa a Vicenza, ecc,ecc. D’altra parte entrambi hanno l’opinione che la politica non si deve basare su delle idee di fondo sulla società, ma piuttosto sulla soluzione pragmatica di un programma governativo sempre e comunque di mediazione tra le parti, privilegiando però i poteri forti tra cui confindustria, Chiesa e USA. Personalmente non condivido questa idea, in quanto penso che la politica non sia solo soluzione dei problemi, ma che sia anche passione, sogno, analisi della società e contatto con la popolazione. Quello che tra i due partiti è decisamente diverso è l’atteggiamento: mentre Berlusconi dimostra di aver scarso senso dello Stato, lanciandosi in dichiarazioni un po’ arroganti e compiendo gesti non del tutto civili (ad esempio l’aver stracciato il programma dell’opposto schieramento e le varie brutte figure che ci ha fatto fare in Europa quando era al governo), Veltroni risulta invece persona più mite e pacata, molte volte buonista e banale, sia nei gesti che nelle dichiarazioni, rispettando sempre però le alte cariche dello Stato e le istituzioni in generale, al contrario di come fa il suo principale avversario. L’altro partito ha avuto un risultato elettorale non del tutto negativo è stato l’UDC di Casini, che almeno è riuscito ad entrare in Parlamento, sia alla Camera che al Senato. Dal punto di vista comunicativo a Casini non può essere rimproverato nulla di particolare,ma ciò che risulta francamente inaccettabile è la presenza nelle sue liste di molti condannati in via definitiva per reati gravi, tra cui spicca l’orrenda figura di Totò Cuffaro (quello dei cannoli, per intenderci), che appena due mesi fa era stato condannato per collaborazione con la mafia. La più grande tragedia di queste elezioni,insieme all’ascesa del Ku Klux Klan padano, è la disfatta e la scomparsa parlamentare de “La sinistra - l’arcobaleno”, che un po’ a sorpresa ha ottenuto solo il 3% dei voti. Indubbiamente
i dirigenti di questa lista elettorale hanno fatto un errore dopo l’altro, a partire dalla scelta di Bertinotti di andare a fare il presidente della Camera invece del ministro del lavoro, una decisione che ha avuto delle conseguenze davvero pessime, basti pensare che la sinistra non ha ottenuto nulla da questo esecutivo e che ha dovuto sempre votare cose su cui era completamente contraria (missioni militari, ad esempio), e, allo stesso tempo, era vista dai media come la forza che più ostacolava il governo, quando in realtà erano le forze centriste a farlo in maniera più pregnante. Insomma, un gran pasticcio da cui era molto difficile uscirne, in quanto se non otteneva quello che voleva, come è sempre successo, perdeva credibilità di fronte ai suoi elettori e se, invece, spingeva il governo ad attuare misure più “radicali” era vista dalla maggior parte di cittadini di centro-sinistra come la spina al fianco di Prodi. La sinistra – l’arcobaleno è stata divorata prima di tutto dall’astensione, e poi dal Partito Democratico, che è riuscito a prendere i voti radicali grazie alla strategia del famigerato voto utile (che si è rivelato semplicemente dannoso, in quanto non è servito a battere Berlusconi e, allo stesso tempo, ha contribuito alla scomparsa della sinistra); dall’Italia dei Valori, che ha cavalcato in modo furbesco la cosiddetta antipolitica di Grillo; dalla Lega Nord, che a sorpresa è riuscita a prendere voti operai; infine, dal Partito comunista dei lavoratori e da Sinistra Critica, i due fuoriusciti da Rifondazione Comunista, che da soli non hanno raggiunto l’1% dei voti, ma sommati insieme sì. Il nuovo Parlamento avrà soltanto sei partiti (PDL, PD, Lega Nord, Unione di Centro, Italia dei valori, Movimento per le autonomie), attuando la tanto osannata semplificazione, che secondo molti giornalisti e politologi è il miglior risultato di queste elezioni. Indubbiamente sei gruppi parlamentari sono meglio di trentaquattro, com’erano fino a pochi mesi fa, ma il problema è che in questo caso la semplificazione non è del tutto rappresentativa, in quanto un’importante fetta del paese rimarrà senza deputati e senatori, ovvero la sinistra. La semplificazione va bene solo se riesce a rappresentare più o meno tutto il paese, non se ne esclude una parte importante. Senza la sinistra in parlamento ci avviamo verso una legislatura poco rappresentativa, oltre che la più conservatrice e reazionaria di tutta la storia della Repubblica Italiana.

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