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A volte ritornano...

Dopo alcuni mesi di inattività dovuta a qualche problema tecnico e qualcun'altro più spinoso di genere burocratico, eccoci tornati ad animare la vita al Campus con i nostri frizzanti articoli!

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Simone Trimarchi

giovedì 26 aprile 2007

Decreto Turco

-pubblicato marzo-

Quattro mesi fa, il 13 novembre 2006, con un decreto a sorpresa ma atteso da molti, il ministro della salute Livia Turco innalzava da 0,5 a 1 grammo il quantitativo massimo di cannabis, espresso in principio attivo, che può essere detenuto per uso personale senza incorrere nella presunzione di spaccio e nei provvedimenti punitivi previsti dalla legge Fini-Giovanardi.
La quale sostanzialmente cancella ogni differenziazione tra droghe leggere e droghe pesanti prevedendo in alcuni casi la reclusione dai 6 ai 20 anni tanto per un consumatore di hashish quanto per uno spacciatore di eroina o cocaina.
Decreto ritenuto appropriato, sebbene appena sufficiente per riparare a una legge iniqua il quale unico effetto rischia di essere l'incarcerazione di tanti giovani colpevoli solo di farsi una canna, dal centrosinistra, Rifondazione in testa.
Non altrettanto dal TAR del Lazio che, accogliendo la richiesta del Codacons e di una cooperativa sociale di Taranto, lo ha sospeso sostenendo che, secondo la legge, la quantità di sostanza detenibile non può essere decisa in base alla discrezionalità politica ma in base a criteri tecnici.
Immediata la polemica politica.
Il centrodestra chiede le dimissioni del ministro il quale a sua volta minaccia di ricorrere al Consiglio di Stato, ritenendo le motivazioni del TAR infondate in quanto la legge Fini-Giovanardi non offre al ministro della salute alcun criterio tecnico per determinare tale quantità.
Inoltre la stessa Commissione scientifica, insediata dall'allora ministro Storace per individuare i quantitativi limite oltre ai quali si incorrerebbe nelle sanzioni, concluse i suoi lavori segnalando l'impossibilità di una valutazione tecnica.
In poche parole, sostennero i tecnici nominati da Storace, la decisione spetta al ministro.
Ma se per il TAR non può essere una scelta politica a fissare le dosi consentite allora anche le norme precedenti che fissano tali quantità dovrebbero decadere.
“La stessa legge Fini-Giovanardi è inapplicabile e va cambiata”, sostiene il ministro Turco.
“La Turco è stata bocciata dal TAR, vada a casa!”, replica Storace.
Capita così che ancora una volta una situazione che dovrebbe essere discussa e risolta in sede parlamentare finisca davanti ai giudici.
E l'annosa questione se sia giusto equiparare alcune droghe leggere a quelle pesanti senza tener conto che vi sono droghe considerate leggere ma con pericolosità sociale ben più elevata, come ad esempio l'alcol, legalmente vendute nei negozi, in un eterno balletto di recriminazioni e ripicche, sembra destinata a non dover trovare mai una risposta.
Francesco Maggi

Sulla scuola non ci metto lingua...

-pubblicato marzo-

...(anche perchè se no rischio una forbiciata!)...
Infelice battuta per un fatto realmente accaduto di recente a Milano: R.S., maestra di sostegno 22enne, mezz'ora prima dell'uscita, innervosita dal comportamento del piccolo Amhed, prende un paio di forbici e zac gli taglia la lingua: 5 punti di sutura per il piccolo e accuse di lesioni volontarie per la maestra. «Non volevo, signora, mi dispiace. Non so come sia potuto succedere», queste le parole della giovane. E ci crediamo : “come è potuto succedere?”.
Che il mondo stia impazzendo ce n'eravamo già accorti, ma che anche la scuola, luogo di crescita sia culturale che educativa, fosse un posto angusto dove mandare il proprio figlio non ci avrei mai creduto.
Ma cosa sta succedendo?
Bullismo, violenza: alunni che molestano professori, genitori che picchiano presidi. C'è qualcosa che non va. Per cercare di capire che cosa succede nelle nostre scuole bisogna prendere in considerazione diversi fattori, e i diversi ruoli che si susseguono in queste tristi storie di ordinaria violenza scolastica.
Per primi bisogna certamente analizzare i comportamenti dei docenti che evidentemente non sono tanto normali. Per questo mi sono servita di una studentessa che frequenta il secondo anno del corso di Scienze dell'Educazione dell' Università di Genova. Innanzitutto si sofferma e volge una critica alla “svalorizzazione” della figura dell'insegnante da parte dei genitori e quindi degli alunni:dice "I genitori vedono la scuola non più come un luogo dove i figli acquisiscono istruzione, ma un luogo dove lasciare i figli il più tempo possibile, troppo presidagli impegni di lavoro" dice "i genitori passano troppo poco tempo con i bambini e quando viene l'ora di sgridarli perchè si sono comportati male, magari a scuola, tendono a giustificarli facendo ricadere la colpa sull'insegnante, al quale non viene riconosciuta l'autorità che è propria della sua figura. Di conseguenza viene sminuito il loro “il potere formativo”".
Vi è una sorta di invidia da parte dei genitori verso gli isegnanti poiché temono la mitizzazione della “signora maestra” che può sostituire il loro ruolo affettivo.
Senza contare la visione sociale del ruolo dell'insegnante che viene vista come un lavoro “quasi insignificante”; una situazione che poi si rispecchia nelle condizioni in cui vengono messi i docenti: stipendi da fame e precariati direttamente proporzionale al loro livello di stress, costretti in molti casi a fare un secondo lavoro per mantenere la famiglia."Ora come ora chi sceglie la carriera formativa lo fa quasi solo per dedizione, e questo fattore non viene riconosciuto" dice la nostra studentessa. Sì perché qualcuno ha anche detto che la giovane età dei docenti non aiuta l' insegnamento, ma non sono d'accordo: senz'altro i giovani laureati hanno più passione di tanti docenti magari più anziani che ripetono le stesse cose da 30 anni e giustamente non vedono l'ora di andare in pensione.
Ma continuando nella mia ricerca dell'origini del malessere scolastico, abbiamo anche riflettuto sul ruolo dei genitori, che nella scuola e molto più importante di quanto si possa pensare: la prima educazione dei ragazzi che a volte manca o comunque è impostata in maniera sbagliata.
I valori non sono più al centro dell'attenzione ma forse di più l'aspetto materiale della vita che sostituisce in qualche modo l'affetto: "Se un genitore dà meno affetto al bambino esso diventa aggressivo, e qui si spiegano i fenomeni di bullismo. Il problema è che i genitori lasciano il piano educativo alla scuola e la scuola lo lascia ai genitori, quando le cose dovrebbero viaggiare parallelamente ma su piani diversi, cosi il bambino si trova solo e naturalmente agisce come meglio crede" e se poi ha dei genitori come quelli che hanno picchiato il preside di una scuola a Milano, non so davvero come possa reagire!
Storie di ordinaria violenza scolastica a discapito del nostro futuro: i bambini!
F.Z.

Pubblicità Taglia 38

-pubblicato maggio-

Che la taglia 38 imperversasse negativamente nella nostra vita ce n'eravamo già accorti, ma che anche "miti mediatici" come il carissimo Omino Michelin e la Coca-cola subissero lo stesso effetto non ci avremmo mai sperato.

Già perché proprio lui, l 'omino "Bibendum" - chiamato cosi dal signor Michelin in onore dell'ode oraziana "Nunc est bibendum", " ora bisogna bere" intendendo che gli pneumatici avrebbero dovuto bere gli ostacoli (ndr)- negli ultimi tempi è stato presentato con un forma più atletica e longilinea.

Oliviero Toscani, il grande fotografo, ha commentato: "Far dimagrire l'omino Michelin è come mettere le mutande a Paperino". E non possiamo che dargli ragione. Chiamatela pure "crociata contro l'obesità", ma a ma pare più che sia un ennesimo condizionamento mediatico che ci guida ad ottenere una forma sempre più snella e magra…UN po' come quella delle modelle..che ci appaiono come scheletri in passerella e dove ci crollano del resto come le sorelle Luisel e Eliana Ramos, modelle uruguayane, rispettivamente 22 e 18 anni, morte a sei mesi una dopo l'altra a causa dell'anoressia.

Ma come se no bastasse anche la cara Coca-Cola dopo trent'anni di onorato servizio,cambierà formato diventando più stretta e più alta, per risparmiare spazio, per miglior manegevolezza.

Dicono.

Ma la storia si ripete, i miti si "dimagriscono". Ora come ora, in un mondo in cui i media sono veramente il "quarto potere", la pubblicità ha un potere quasi ipnotico e rispecchia in tutto e per tutto la società in cui viene lanciato lo spot.

Il messaggio non è diretto ne' volutamente provocatore, ma certo ci fa riflettere: ogni 5 minuti passa in tv uno spot contro la cellulite brucia grassi, pastiglie brucia grassi, panciere brucia grassi, attrezzi ginnici brucia grassi. L'obesità, si sa, è un problema che sta imperversando mondialmente, ma anche l'anoressia non scherza.

Cosa fare in un mondo che ti propone in continuazione modelle e modelli taglie 38 senza un filo di rotondità, quella rotondità che certo ha fatto di Sofia Loren una delle donne più belle del mondo?

E se anche i miti con cui sei cresciuto, cambiano appiattendosi su una moda ormai intrisa nella mente di ogni giovane ragazza, come difendersi?

Dando forse uno sguardo al passato, oltrepassando Twiggy, e arrivando alle Mondine; ricordandosi che anche la bottiglietta della Coca- cola all'inizio aveva le forme "tuttacurve" e sinuose di un donna sensuale che ti richiama a se', appunto la donna era la Coca-Cola.

Del resto non va tanto di moda il vintage?!

Gianna Nannini, tra rock e storia


Gianna: "Sul palco entro Pia ed esco troia."


In uscita ad Aprile il nuovo singolo di Gianna Nannini "Mura mura" tratto dall'album "Pia (come la canto io)". Ecco l'ennesimo contrasto che la rocker senese ci propone. Pia dei Tolomei , nobildonna che visse verso la fine del '200, sposò in seconde nozze Nello dei Palazzeschi. Si narra che quest'ultimo ,per gelosia, la rinchiuse nel Castel di Pietra in Maremma e la uccise. Troviamo Pia nel V canto del Purgatorio della Divina commedia, fra i morti che hanno subito violenza. Non sol Dante ha parlato di Pia ma anche moltri altri, la sua storia vive tramandata nelle campagne nel bruscello in ottave rime di tradizione toscana. Quindi la storia di questa donna è parte della cultura di Gianna, appartiene a Siena. A cinquant'anni compiuti, dopo più di vent'anni di carriera sembra che la portentosa cantante non finisca mai di stupirci. Ha realizzato il suo grande sogno, quello che aveva nel cassetto da anni e finalmente grazie all'appoggio del produttore David Zard è riuscita a realizzare. Il mercato della musica che impone ai cantanti di produrre solo "hit", solo pezzi in grado di scalare le classifiche prima d'ora non avrebbe mai potuto accettare di proporre un lavoro così troppo storico e poco redditizio.


Il rock-punk della Nannini fuso con la tradizione popolare toscana ha prodotto un bruscello-pop in ottava rima. Un lavoro portentoso.Le musiche sono di Gianna e i testi della scrittrice Pia Pera. Da questo lavoro usciranno un cd e un musical sempre alla maniera della cantante che sembra riuscire a cucirsi addosso tutto ciò che sente le appartenga.

Un'opera rock è una contraddizione in termini eppure lei c'è riuscita, ha osato.

Due canzoni di questo nuovo progetto sono state presentate al Festival di SanRemo. In un'atmosfera che ci porta indietro nel tempo, in una condizione d'animo quasi sacrale, l'esibizione ha inizio con la voce di Gianna che recita i versi danteschi: " Quando tu sarai tornato al mondo/e riposato della lunga via,/ Ricorditi di me, che son la Pia;Siena mi fé, disfecemi Maremma:/salsi colui che 'nnanellata pria disposando m'avea con la sua gemma/Siena mi fé, disfecemi Maremma". La prima canzone è "Dolente Pia" che ha una melodia grintosa, Gianna ha il ruolo di una zingara che si rivolge alla sventurata Pia.

Il pezzo ha forza, la cantante si muove sul palco alla sua maniera: con grinta, quasi a voler urlare fuori la rabbia di Pia: "..la vita torna nel Castello ma non per me". Attorno a Gianna ballano i Vagabond Crew: un gruppo dodici breakdancer francesi. Poi la seconda canzone: "Mura mura", che racconta la prigionia di Pia, il suo dolore più profondo. Questo pezzo è accompagnato da una musicalità medievale per eccellenza,tra gli strumenti ci sono il liuto, la ghironda e la viola da gamba. L' arpeggio sembra insistere su quella sensazione di privazione, di ricerca disperata e impossibile della libertà , della voglia di un corpo da stingere: " cerco un corpo,/contro i sassi affondo,/non c'è un'anima per me./La finestra ha cento sbarre, mille/non respiro più".


In quest'interpretazione Gianna diventa quasi trasparente, sottile, le parole sono lievi e alla fine conclude dicendo: "la prigione è non potersi chiudere dentro". Insomma chi se lo sarebbe mai aspettato dalla Gianna Nannini che tutti conosciamo,da quella donna che vive nel rock, quella di "America" e di "Scandalo", un'opera di questo calibro. Lei stessa più volte ha dichiarato: "Pia si è impossessata di me". La Nannini non era mai andata a SanRemo, con le sue canzoni troppo rock per quel palco. Stavolta infatti l'ha fatto perché non ci è andata lei ma Pia, la sua vita, la sua prigionia, la sua voce rimasta ingabbiata fra le mura in cerca di giustizia. Per la prima volta Gianna Nannini ha messo i tacchi e l'ha fatto per far salire sul palco dell'Ariston Pia. Infatti nella conferenza stampa prima dell'esibizione lei stessa ha dichiarato: "Sul palco entro Pia ed esco troia". Io aggiungerei, alla fine, che esce Gianna. Come sempre.


Marzia Costantino

Racconti di ordinaria follia

Alassio. Un lunedì di pasquetta come tanti altri.

I miei amici ed io decidiamo di andare al mare, purtroppo la giornata non era stata delle migliori.

Così per rifarci del cattivo tempo, decidiamo per una volta di investire qualche euro e andare a mangiare pesce. Giriamo un po' di ristoranti, molti sono pieni, altri cari, alla fine optiamo per un locale che ha prezzi abbordabili e non ci chiede di aspettare troppo per un tavolo. Tutti contenti e allegri ci sediamo al tavolo. Il locale è gestito da due coppie sulla sessantina. Sembrano abbastanza simpatici. Sulle pareti ci sono molti poster di Totò e io da buona napoletana reputo questo piccolo particolare come un buon segno. Ordiniamo. Come prima cosa arriva il vino, ovviamente tutti sanno che quando si sceglie il vino della casa con molta probabilità sarà un po' allungato con l'acqua. Il nostro era talmente "annacquato" da essere bianco di colore, nemmeno giallognolo, neanche il sapore aveva a che vedere con il vino. Arrivano per prime le pizze. Una mia amica aveva preso quella hai frutti di mare. Inizia a lamentarsi e decido di assaggiare. Le cozze erano marce, chissà quanto tempo avevano. Il resto del pesce puzzava. Una mia amica ed io ordiniamo gamberoni alla griglia. Ora, non è che mi aspettassi proprio una di quelle griglie piene di gamberoni, ma nemmeno un piatto con tre pallidi gamberi. C'è una bella differenza fra gamberi e gamberoni, soprattutto se li paghi 18 euro. La cena ormai era andata, il pesce non era né fresco né di due giorni prima e notiamo la presenza di un gatto che si aggira in cucina (secondo me nemmeno lui ha gradito la cena). Iniziamo a lamentarci tra di noi, sicuramente ci avranno fregato perché hanno visto che eravamo ragazzi. Allora decidiamo di scrivere un bigliettino ironico da lasciare sul piattino con un centesimo di mancia, due centesimi ci sembravano già troppi. Sul biglietto c'erano scritte testuali parole: tre gamberi 18 euro?! Carini i gatti, ma non in cucina. Signori si nasce (visto che vi piace Totò). Ci rechiamo alla cassa a pagare e ci lamentiamo per la qualità del cibo, chiedendo lo sconto. La cassiera prima si innervosisce, poi quando noi diciamo che c'era da chiamare l'ufficio di igiene magicamente decide di farci 30 euro di sconto. In nessun ristorante ti farebbero tanto sconto se avessero la coscienza pulita, nemmeno in quello di un parente. Usciamo dal ristorante e andiamo in un bar di fianco. Vediamo arrivare uno dei proprietari che prende in disparte a chiamare l'unico ragazzo della compagnia, noi tutte li seguiamo fin davanti al ristorante. Il "signore" inizia ad urlare perché letto il biglietto, si è offeso. Arrivano anche altre persone che lavorano nel ristorante. La discussione si fa accesa, e quando il ristoratore offende pesantemente una di noi, il mio amico si fa avanti cercando di difenderci, essendo l'unico uomo. Fatale errore perché ,in pochi secondi, nel bel mezzo del lungomare di Alassio inizia la bagarre. L'uomo si avventa sul mio amico insieme ad altri tre, gli mette le mani al collo, lo strattonano e io in quel momento penso che lo ammazzeranno. Volano tavoli e sedie. Noi urliamo perché essendo sei ragazze è l'unica cosa che possiamo fare. Il mio amico riesce a divincolarsi, chiamiamo i carabinieri. Mentre discutiamo con tutta quella combriccola arriva un altro gestore del ristorante, urlante come un forsennato con un coltello in mani e corre verso di noi. Il panico è generale. Iniziamo a scappare e correre. La gente intorno è allibita, chi si ne va, chi chiede cosa sia successo. Arrivano i carabinieri, eseguono le pratiche di rito e consigliano al mio amico di andare al pronto soccorso per poter poi fare denuncia. Serata conclusa e rovinata, tutti sconvolti. Il mio amico non sa ancora se fare o meno denuncia perché ha paura, può sembrare assurdo ma quei tizi non avevano di certo una bella faccia.

Ricevere un servizio scadente, pagare e lamentarsi è una cosa che è capitata a tutti. Arrivare alle mani e addirittura tirare fuori un'arma come un coltello mi sembra assurdo, fuori da ogni logica. Mi chiedo che rabbia, quale alterazione mentale possa aver avuto quel vecchio anziano per uscire fuori con un coltello, con l'intento di ferire qualcuno. Magari il biglietto, a torto o ragione, può avere offeso qualcuno. Ma alle offese morali non si risponde con la violenza fisica. Fatti di questo genere succedono sempre più frequentemente, ma l'unica cosa da fare è: non avere paura di denunciare. Questo è il consiglio che ho dato al mio amico. Se tutti iniziassero ad essere così omertosi, a nascondersi dietro il muro della paura vivremmo in un mondo senza giustizia e senza libertà. Bisogna iniziare a denunciare queste piccole cose, perché gli stessi soggetti che ci hanno aggredito potrebbero farlo con altri. Perché non è giusto legalmente e moralmente un atteggiamento del genere. Non è concepibile e per questo va punito. Anche a costo di qualche piccolo rischio personale. Ci lamentiamo spesso di non sentirci tutelati dalle forze dell'ordine. Sta anche a noi far sì che la giustizia venga rispettata, senza paure ma con la certezza di fare la cosa giusta. Perché, come dice una canzone: " la giustizia non è solo un'ullusione".